Dietro gli occhi di un bambino
Oggi, con il riprendere del blog, vi vorrei raccontare la storia (o il racconto) di Nina. Nina è una bambina come tante ma che vede, giorno per giorno, disgregarsi la sua famiglia. Con l'ausilio di questo racconto vorrei scrivervi, fermarmi a rifflettere con voi, su come i figli vivono i traumi derivanti dalla rottura del rapporto fra mamma e papà e cosa potremmo fare in merito.
il racconto
Io amo il mio papà, dicono che assomiglio a lui e questo fin dalla prima volta che me lo dissero fu il complimento più dolce del mondo. Mio papà ha grandi spalle e mani ordinate. Lui ha sempre avuto cura di sé.
I miei occhi son diversi dai suoi, io ho gli occhi di mamma per questo non comprendo molto bene ciò che tormenta i suoi.
Da piccola era un supereroe per me e per la mamma. Si trascinava ogni volta con dolore all’IKEA solo per far piacere a noi. Mi dispiaceva per lui ma a me e la mamma quel posto piaceva tanto. Il mio papà ha amato tanto la mia mamma. La mia mamma il mio papà. Ma qualcosa ha distrutto il sogno della loro mano. Più che qualcosa qualcuna. Io l'ho vista quella donna malvagia e dissoluta. Un giorno la mamma l’ha seguito, ed io ero con lei, un brutto venerdì in cui vidi piangere la mia mamma e poi chiudersi in un silenzio dignitoso.
Lui non sa che sappiamo ed ogni venerdì il mio papà va da quella e la mia mamma lo guarda andare via da sé con la morte nel cuore.
Con me della questione di papà parlò solo una volta e mi disse che dovevo tacere perché se no lo avremmo perso per sempre. Mi disse con voce acida che se lui andava via, avrebbe vinto lei. Che le donnacce di quel genere vivono solo di queste cose. Disse che noi avremmo perso tutte quelle belle cose che avevamo. Io di tutto quello che avevo non m'interessava, a me interessava il mio papà per questo stetti zitta, non lo volevo perdere. Poi per quanto riguarda la donnaccia, io non lo so ma se il papà la amava forse non era così donnaccia. Non riuscii a dire questo a mamma, credo non l'avrebbe capito. Poi però devo dire anche che da quando papà frequentava quella non mi è sembrato più tanto il mio papà, è dimagrito, dorme poco e sta sempre con l'ipad in mano.
La mia mamma lo spia e poi chiama le sue amiche per sfogarsi. Lui beve molto e più fa così più la mamma lo allontana. Non credo lo odi, forse non ancora, ma una volta lo amava tanto.
Io lo so perché c'ero già.
Io non so bene cosa sia l'amore, sono piccola per quello vero ma penso che a guardare i miei non vorrei mai innamorarmi. No di certo se c'è gente che può avere la cattiveria di portare via il papà ad una mamma ed una figlia.
Io ora dirò una cosa brutta ma anche se la mamma odia papà io continuo ad amarlo perché quando mi porta al Mac Donald e mi guarda mangiare e poi sorride e mi ascolta attento, come se nella sua vita esistessi solo io, io sono felice. Sì, mi sento una principessa e lui è ancora il mio supereroe. Ci ritroviamo ancora al mare io addosso a lui nella sabbia a farci la foto, con la mamma che ridacchia e sclera allo stesso tempo. Tutto come una volta.
Vorrei dirglielo di lasciarla perdere e tornare da mamma, che quella tanto non lo ama ma non posso perché ho paura di perderlo. Ho spiato pure io il suo ipad, non ho capito quello che c'era scritto ma credo si tratti di cose da grandi, di cose brutte da fare. Mi viene il dubbio che se mio papà fa questa cose brutte a quella stupida ragazza non la ami veramente.
Il mio papà ha talento per le cose, nel suo lavoro era bravo la gente lo ama, poi ascolta musica, ha solo un po' l'ossessione per il calcio. Ma io gli perdono tutto al mio papà, tutto TRANNE QUELLA COSA. Ci metteremo al tavolino di un bar e lui mi spiegherà come sono andate le cose fra lei la mamma.
La mamma da quel giorno è insopportabile, io un giorno le ho risposto male, le ho detto che era inutile che facesse così che doveva scrivere anche lei quelle cose che a papà piacevano tanto, le ho detto che era colpa sua. Lei mi aveva dato uno schiaffo e poi si era messa a piangere. Non abbiamo più parlato da quel giorno. Non lo so, non lo vorrei dire ma credo che la mia mamma non mi voglia più bene da quella volta.
Non sono dispiaciuta, è una colpa?? La mamma sbagliava e qualcuno glielo doveva dire. Forse non io, ma finché papà sta con quella non si può parlare nemmeno con lui.
La nonna non sa niente, ma sopporta come se sapesse. Le nonne sanno sempre tutto, tranne la mia.
Quando crescerò andrò io da quella poco di buono e gli darò tante sberle, e la farò piangere, come ha pianto la mia mamma tante volte di nascosto.
Se papà la difenderà non lo so forse a quel punto dirò pure a lui tutte quelle cose cattive che mi frullano in testa. Io amo il mio papà, ma se la difende io non lo so, forse non gli voglio più bene.
Può essere?? Ora mi sembra impossibile, ma forse crescendo le persone peggiorano e un giorno amano ma l'altro no. Forse non voglio più crescere. Forse è colpa mia se le cose sono andate così... su questa faccenda ho litigato pure con la mia migliore amica. Lei sostiene che se il Mio papà, come il suo, se lascia la mamma per mettersi con la sua amante (così si dice) lui torna ad essere il mio papà. Non Mi sembra una cosa per bene ma Io se davvero tornasse ad essere felice lo accetterei anche così. Lei no ma lui sì. Anche se non so bene cosa sia questa felicità che tutti cercano ma nessuno trova.
Ho spiato mamma che parlava al telefono con una sua amica, le diceva che aveva spiato papà nell'iPad e le risposte di quella (la mamma la chiama la Puttanella) so che non si dovrebbe scrivere o dire ma sempre mamma dice che non era un offesa ma una sua descrizione. Mia mamma con la sua amica fa certi discordi in cui vorrei gridare; Basta!
Ma so che sta soffrendo e le evito un'altra delusione da parte mia.
Comunque sono andata a vedere le risposte di quella, per vedere se era davvero rimasta "nella fase anale senza parte ne arte" bho non so cosa volesse dire la mamma, ma so che per certe faccende è molto espressiva sul corpo di papà, poi mi sembra che assomigli a me quando faccio i temi a scuola. Forse per questo papà le vuole bene perché le ricorda me. Forse non vuole più me. Ho il dubbio che sia io la causa dell'infelicità di papà. Mi sto impegnando a scuola affinché sia orgoglioso di me ma lui lo è sul momento ma ricade nella tristezza. A me viene voglia di piangere, forse sto crescendo troppo e a lui piacciono le bambine. Magari grandi ma bambine. Sono gelosa di questo: il mio papà è solo Mio non può avere altre bambine oltre me che lo amano. Se lascia mamma, non andrò con lui se si mette con una bambina.
La bambina l'ho visto, brutta non è ma neanche bella come mamma. È secca e dice un sacco di parolacce e volgare come le prostitute anche se non so cosa facciano le prostitute per meritarsi questo titolo. Papà con una prostituta?? Bah Papà no è troppo fine lui. Credo che il suo capo non piacerebbe saperlo con una che mette il cellophane ai neonati come tutina e che mette la roba nel culo della gallina e poi fa la foto. Scrive tutte queste robe qua che io non capisco. Scrive anche altro ma non posso dirlo. Mi vergogno. Comunque non penso che una così mi possa amare come mi ama mamma. Infondo è colpa sua se il mio papà non ha più la gioia negli occhi e che un po' alla volta la sta levando anche a me è soprattutto alla mamma.
In questo racconto, Nina descrive come l'avvento di una terza persona ha rotto l'armonia della sua famiglia. Armonia forse apparrente ma visuta dalla bambina come autentica.
Descrive come i suoi genitori si sono deterioarati fra loro e di conseguenza come questo ha influenzato il loro rapporto con lei.
Fa comprendere come l'uso di tecnologia custodita male possa causare ancora più caos, nel caos già creatosi nella bambina. Fa comprendere, anche, come parlare con le amiche senza nessuna censura o senza sincerarsi che nessuno sia all'ascolto possa far peggiorare il modo in cui la bambina vive la situazione.
Grandi come bambini, che litigano fra loro facendo divenire grandi in fretta bambini che assistono impotenti.
Un articolo di un sito https://www.lastanzablu.com/# (Associazione LA STANZA BLU, uno spazio per il dolore, un tempo per la crescita, è dedicata alla memoria di Niels Peter Nielsen, medico, psichiatra, psicoanalista, scomparso il 5 ottobre 2010) scrive quanto segue:
Quando il legame coniugale si spezza, i genitori e i bambini vengono travolti da emozioni intense e contraddittorie, che spesso rendono molto difficile la gestione del processo di disgregazione e di lento riassestamento che vive una famiglia. Molti genitori, per quanto sensibili e attenti, si trovano spesso talmente invischiati in una rete di grande sofferenza per la fine del progetto familiare su cui avevano appoggiato la propria identità, da perdere in questo doloroso passaggio il contatto emotivo profondo con i loro bambini.
Le ansie e le preoccupazioni intense per il timore di non essere in grado di occuparsi dei figli da soli o la rabbia e il risentimento verso l’altro coniuge, possono diventare una potente zona d’ombra, che rischia di far perdere oppure di distorcere il “segnale” nel rapporto tra adulti e bambini. Sempre più spesso nelle consultazioni con coppie in fase di separazione, incontro genitori che preferiscono non comunicare ai bambini il cambiamento di vita in corso, riservandosi di esplicitare la fine della coppia coniugale al primo segnale di disagio o in caso di una richiesta esplicita da parte dei figli. In fondo, se i bambini non sembrano toccati dal cambiamento della separazione, perché indurre deliberatamente un turbamento in loro? La strada del non detto nasce dal desiderio di proteggere i bambini da una verità dolorosa, ma rischia di dare adito a terribili e irrazionali sensi di colpa, alimentando possibili fantasie infantili, come ad esempio di aver danneggiato il legame di coppia oppure di essere responsabile dell’allontanamento del genitore a causa delle “cose cattive e non amabili” che ci sono dentro di loro. “Non se ne è mai parlato in casa, ci ho messo un po’ per comprendere che i miei genitori si fossero separati. Facevano finta di niente, si parlavano normalmente ma con me o stava la mamma o il papà.
Mi dicevano che papà andava a lavorare, in fondo aveva un’attività che lo portava spesso lontano da casa. Avevano l’aria infelice e stanca ma più tacevano e soffrivano in silenzio, più mi sentivo colpevole e solo. Era normale dirsi se quel giorno ci fosse il papà o la mamma ma mai una parola sul fatto che non stessero più insieme. Adesso sono convinto che sono stati dei vigliacchi e mi hanno trattato da vigliacco”. Pensare di poter nascondere a un bambino i fatti dolorosi ma importanti della sua storia, pensando così di proteggerlo, è un’illusione in cui gli adulti cadono spesso: i genitori possono camuffare una separazione ma non le emozioni che la accompagnano, anche se fanno finta di niente. Questa strada espone ancora di più un bambino alla sofferenza, perché lo lascia solo, confuso e impotente. In fondo un bambino è in grado di accettare una verità anche dolorosa se gli viene rivelata in modo rispettoso delle sue emozioni e tenendo conto della sua età, purché non venga lasciato solo davanti a cose più grandi di lui che lo spaventano.
All’opposto a volte i genitori sono talmente presi dal desiderio che il figlio sia consapevole della realtà della separazione, da sovraesporlo a emozioni difficili da gestire ed elaborare. Molti genitori sentono naturale condividere con i figli situazioni molto personali della coppia coniugale o i propri sentimenti di delusione riguardo l’ex coniuge, vivendo queste comunicazioni come un momento di vicinanza. Mi vengono in mente le parole di un ragazzo reso partecipe in modo dettagliato del tradimento della madre: “Non avrei mai voluto sapere certe cose.
È stato un trauma. Si è rotto qualcosa dentro di me e nel mio rapporto con mia madre. C’è sempre questo pensiero di sottofondo”. Questo non soltanto rischia di danneggiare l’immagine del genitore nella psiche del figlio, ma può costringerlo a schierarsi alternativamente da una parte o dall’altra per compiacere una madre o un padre in lotta. Nelle separazioni più intensamente conflittuali, i figli a volte rischiano di diventare l’unico mezzo di comunicazione tra i genitori, in merito a questioni economiche e non, caricandoli di funzioni troppo adulte e lacerandoli con le rivendicazioni della loro guerra fredda. “Spesso quando consegno la busta delle spese mensili a papà, lui si arrabbia, mi riversa addosso tutte le sue difficoltà economiche e sofferenze a seguito della separazione. Dopo la mamma se la prende con me perché non sono riuscita a farmi dare quanto era mio diritto avere”.
Una buona elaborazione dell’esperienza della separazione può aiutare i genitori a differenziare il legame di coppia, ormai lacerato, da quello genitoriale, da cui non potranno mai dimettersi nell’interesse del bambino.
Nella mia esperienza clinica quanto più ci si dà la possibilità di elaborare l’esperienza della separazione, accogliendo le emozioni penose legate alla fine del legame coniugale, quanto più si gettano le basi emozionali per un buon affidamento congiunto che tendenzialmente garantisce la crescita armoniosa del bambino. Soltanto accogliendo i vissuti di sofferenza, di fallimento e di risentimento dei genitori, questi potranno ascoltare ed entrare in contatto con le angosce, lo sconforto, la rabbia e la delusione dei propri figli.
Le coppie che riescono a tener vivo un rapporto a livello genitoriale, anche dopo la separazione, pur nel riconoscimento della fatica e della difficoltà, offrono al bambino la possibilità di fare la preziosa esperienza delle differenze, non solo di ruolo, ma anche di personalità, e questo gli permette di accedere ad una visione ampia, multiforme delle relazioni e del mondo. Mantenere un rapporto genitoriale di rispetto e magari di sostegno ha un’importanza vitale per costruire il senso di sicurezza e stabilità del figlio, che si basa sull’immagine interna di due genitori in relazione tra loro per il suo bene.
Dalle parole dei bambini con mamme e papà separati, che si sono molto impegnati per sostenere genuinamente la crescita dei figli, ho imparato tanto, in particolare che la separazione, al netto della quota di dolore che inevitabilmente porta con sé, può rappresentare anche una fonte di crescita e di arricchimento per i figli.
Francesca Schillaci
colonna sonora
Quando i bambini fanno, "Oh"
C'è un topolino
Mentre i bambini fanno, "Oh"
C'è un cagnolino
Se c'è una cosa che ora so
Ma che mai più io rivedrò
È un lupo nero che da un bacino
A un agnellino
Tutti i bambini fanno, "Oh"
Dammi la mano, perché mi lasci solo?
Sai che da soli non si può
Senza qualcuno, nessuno può diventare un uomo
Per una bambola o un robot, bot, bot
Magari litigano un po'
Ma col ditino ad alta voce almeno loro, eh
Fanno la pace
Così ogni cosa nuova, è una sorpresa
E proprio quando piove
I bambini fanno, "Oh", guarda la pioggia
Quando i bambini fanno, "Oh"
Che meraviglia, che meraviglia
Ma che scemo vedi però, però
E mi vergogno un po'
Perché non so più fare, "Oh"
E fare tutto come mi piglia
Perché i bambini non hanno peli
Né sulla pancia, né sulla lingua
I bambini sono molto indiscreti, hanno tanti segreti
Come i poeti
Nei bambini vola la fantasia e anche qualche bugia
Oh, mamma mia, bada
Ma ogni cosa è chiara, trasparente
Che quando un grande piange
I bambini fanno, "Oh"
Ti sei fatto la bua, è colpa tua
Quando i bambini fanno, "Oh"
Che meraviglia, che meraviglia
Ma che scemo vedi però, però
E mi vergogno un po'
Perché non so più fare, "Oh"
Non so più andare sull'altalena
Di un fil di lana, non so più fare una collana
Finché i cretini fanno (eh)
Finché i cretini fanno (ah)
Finché i cretini fanno, "Boh"
Tutto resta uguale
Ma se i bambini fanno, "Oh, oh, oh"
Basta la vocale
Io mi vergogno un po'
Invece i grandi fanno, "No" (ah)
Io chiedo asilo, io chiedo asilo
Come i leoni, io voglio andare a gattoni
E ognuno è perfetto
Uguale il colore
Evviva i pazzi che hanno capito cos'è l'amore
È tutto un fumetto di strane parole
Che io non ho letto
Voglio tornare a fare, "Oh"
(Voglio tornare a fare, "Oh")
Perché i bambini non hanno peli
Né sulla pancia, né sulla lingua (né sulla lingua)
Fonte: LyricFind
Compositori: Giuseppe Povia
Film completo