🎶La sposa cadavere
Victoria sente che se fosse ancora viva le mancherebbe il respiro, si sente intrappolata, là dove è finita dopo la tragedia del suo matrimonio, uccisa per colpa di Lord Barkis, che fuggito dall'Ade, pieno di rancorosa vendetta verso i due amanti, l’ha uccisa davanti ad Victor. Son passati mesi e ancora non esce da quel suo torpore. Ma quel giorno, spinta dal suo istinto, si avvia lungo il fiume dove Caronte raccoglie le anime. Là, fra la gente che deve salire, vede la nonna Adelaide, morta mesi dopo il funebre matrimonio, la ferma per un braccio prima che salga.
«Nonna, che ci fai qui?» Le due donne si abbracciano.
«E sai, bimba mia, gli anni fuggono via. E i dispiaceri facilitano la dipartita. Ti vedo più viva da morta che da viva!!»
«Nonna, sempre la stessa sei. Ma dimmi di Victor, ti prego!»
«Victor è folle di dolore, sta nella sua stanza e non vuol più uscire. Penso che presto lo vedrai qui accanto a te»
«Non dir così, nonnina cara!! Io il mio amato lo voglio vivo! Pieno di vita» A Victoria le mancano le parole e sente come se lacrime trasparenti le scorressero in viso.
La nonna le accarezza il viso e lei, presa dall’impeto, le chiede: «Nonna, presto, dimmi, cos'è questo luogo in cui ci troviamo? Non era un sonno eterno forse la morte, come m’insegnasti tu? Il mio inferno l’ho già veduto, ora non dovrei essere nel mio paradiso?»
La nonna è comprensiva e le dice sorridendo con gli occhi stanca: «Nipote mia deliziosa, l’ora viene in cui le tombe commemorative saranno svuotate. Ma ora devo apprestarmi a riposare e tu invece dovrai trovar ancora la tua pace. Quando ci rivedremo mi dirai come è finita». La nonna sale sulla barca e ben presto sparisce ai tristi occhi di Victoria. All’improvviso sa che fare. Deve tornare al regno di sopra e convincere Victor ad essere nuovamente felice. Un giorno, si dice, si rivedranno e quel giorno saranno felici insieme.
Salire nel regno di sopra non è cosa facile, partendo dal fatto che non sapeva neppure dove si trovasse.
Guardando la folla spera di veder qualcuno che conosce, vede una simile a lei di giallo vestita. Le due si guardano all’improvviso e Victoria con una mano le afferra l’esile polso e la spinge via con sé.
«Come ti chiami?» le chiede senza preamboli.
«Victoria Everglot! » le dice lei con voce bassa come un sospiro.
«Son io Victoria Everglot!! Bugiarda di una ragazza» ma nel dirlo la guarda bene e vede che è proprio identica a lei, solo vestita di giallo. Anche i suoi occhi son gialli.
«Che malia è questa!!» grida portandosi le mani nei capelli.
«Lasciami andare. Ho bisogno di andare là dove il tuo cuore ha deciso di aspettarlo»
«Come faccio ad uscir da qui, mia medesima Me?»
«Non posso dirtelo come uscir da qui. Posso dirti solo che devi trovare Speranza, ella lo sa cosa devi fare»
«Speranza come è fatta? Come la posso riconoscere?»
«Speranza è blu, come l’infinito cielo. Ella sa volare ma non t’ingannare, ha molte sosia ma se la guardi bene la riconosci, essa è simile a te»
«Tu… cioè io… come ti chiami?»
«Sono Delusione» detto questo, con gesto veloce sale sulla nave e sparisce
Doveva trovar Speranza, che era una lei di blu vestita. In quel luogo scarso di colori non poteva certo trovarla, allora chiese a una guardia dove poteva esserci del blu in quel luogo.
La guardia le risponde che doveva andare sulla terrazza, prendere le scale che conducevano là. La guardia, intenerita dalla ragazza, le suggerisce di tapparsi le orecchie, perché la scala sapeva parlare e a volte ti diceva cose che non volevi sentire.
Intrapresa la prima rampa, con orecchie sigillate, il silenzio avvolge la scala. Allora ne fa un’altra senza tapparsi le orecchie. Alla quarta rampa, una voce dal nulla le sussurra: «Non c’è nulla per te lassù, che ci vai a fare? Non vedi che sei morta? I viventi hanno paura della morte e se ne inventano di cotte e di crude!» Victoria non risponde e la scala riprende dicendo: «Non ti aspetterà di certo. Gli uomini son fatti così, povera illusa»
Allora Victoria canta per non sentire la scala che mormora cattiverie su cattiverie. Fino all’ultimo gradino in cui le dice: «Scala mia delusa, io vado da lui punto e basta!».
È aperta una porta si ritrova in uno spazio aperto con un cielo blu seta, un giardino e un cimitero. Cerca il suo nome nella moltitudine di lapidi e nel cercarsi viene rapi‐
ta da una fugace apparizione di lei blu. Le corre dietro ma lei scappa. A destra e poi a sinistra, finché non cade e nel rialzarsi vede la sua lapide. Il suo nome sulla lucida e fredda pietra. Neanche una di marmo le hanno potuto fare i suoi, poi caduti in disgrazia per colpa sua.
«Oh, madre, oh padre!! Perdonate la vostra sventurata figliola» Non sente più la delusione nel cuore, adesso il dolore è simile al nulla però c’è.
Le si siede accanto sull’erba la sua sosia blu. Anch’essa è uguale a lei ma solo di blu colorata.
«Che posso fare? Son morta! Lo ha detto pure la scala. Lui non ha più bisogno di me» Si guardano negli occhi le ragazze, ma Speranza senza dir nulla le dà un sacchettino con della polvere blu.
«Cos’è questa polvere?»
«I vostri ricordi» le grida piena di gioia Speranza. Poi continua dicendo: «Tu vivi ancora nel suo ricordo. Sei nel suo cuore, è da lì che devi arrivare a infondergli forza»
«Ma come? Come esco da qui?»
«Lungo questa via, attraverso il cimitero, si scende giù, dove c’è una scarpata. Lì troverai una casetta. Ad attenderti ci sarà Amore e Dolores. Tu combatti con Doloros e capirai da sola come tornare al regno di sopra. Non bere l’acqua dei laghetti, essi ingannano come le scale»
Un vento si alza e Speranza scompare. Victoria allora riprende il cammino non troppo sicura di quello che troverà
Le viene però una gran sete, da quel gran camminare. E dietro ad un albero un laghetto le si prospetta dinanzi. Si specchia nelle limpide acque e riflessa si vede già vecchia. Chiude gli occhi e si rivede nel laghetto e questa volta vede lui sposo di un’altra. Sono felici e si vede lei in un angolo che piange. La tramortisce l’immagine. Sente la speranza venirle meno. Poi sente il profumo del sacchettino blu che le ha donato Speranza e si ravvede, passando oltre il laghetto. Come aveva detto Speranza c’è una casetta e vi entra, senza bussare. Sembra vuota ma è simile a casa sua. Sente le voci dei suoi ma nessuno vi è. Apre la porta della sua camera e trova lei, vestita di verde, distesa sul letto.
Appena le si avvicina, Dolores le afferra il braccio e le porta le mani alla gola, come aveva fatto Lord Barkis al suo matrimonio.
Victoria cerca di allontanarla da sé ma, Dolores ha una forza mostruosa. Le compare al fianco Amore che le dice: «Usa la polvere blu. Uccidi i ricordi belli e il dolore cesserà».
«Non posso… no... no… MI SERVONO PER LUI»
«Ma lui ha i suoi… uccidi i tuoi e starai meglio»
Victoria non vuole liberarsi dai suoi ricordi, ma combattere con Dolores le è insostenibile. Ha le mani nei suoi capelli e le ficca le unghie negli occhi. Digrigna i denti, emanando un cattivo odore di marcio. Più Dolores la picchia, più Amore si fa rossa sangue, ed è buttata in un angolo priva di sensi.
Allora Victoria prende il suo sacchettino e lo lancia nel caminetto accesso. Allo scoppio della polvere blu, Dolores si disintegra lasciandola cadere per terra.
Allora Amore si riprende e la fa rialzare. Amore dagli occhi rossi, sembra la più pallida di tutte, perfino di lei stessa, che è già morta.
Amore si distende sul letto e le dice di prenderle il cuore con un coltello. A quelle parole Victoria sgrana gli occhi e scuote la testa molte volte.
«Se non lo farai tu, lo farà la Morte e a quel punto morirà anche Victor»
E infatti, nel silenzio, riesce a sentire uno scalpitio di un cavallo e presa dall’angoscia ficca il coltello nello sterno di Amore. Non esce sangue e vede Amore ridiventare serena come una statua di marmo. Prende il cuore e lo nasconde in una borsa lasciata sul comodino. Si nasconde sotto il letto e quando entra Lord Barkis egli non la vede.
Lord Barkis grida rabbioso e spacca una sedia per sfogarsi. Ma poi prende e va in cucina. Lo sente mangiare e poi assopirsi. In quel frangente ella fugge con il suo cavallo. In quel momento ha il desiderio di ucciderlo, sa che potrebbe farcela, ma la felicità di Victor ha la meglio.
A quel punto se lì è casa sua, adesso sa dove andare, prende il cavallo, si dirige verso casa.
Arrivata, nessuno la vede, quindi con facilità arriva in camera dell’amato. Lui ha perso molti capelli e ha il viso scavato. A quella vista, tutte le emozioni le piombano di nuovo in cuore e un pianto fatto di lacrime le sgorga dagli occhi. Lui si volta e sembra vederla davvero, va verso di lei ma poi la oltrepassa e si dirige verso il caminetto, dove vi è una sua foto. Lui guarda la foto con tristezza e lacrime, e da un cassetto prende un coltello. Sta per portarselo al petto quando Victoria gli si lancia addosso. Riesce a fargli cadere il coltello. Cadono entrambi feriti. Lui adesso la guarda, ma questa volta nel suo volto c’è tenerezza, le prende la mano. Victoria alla vista dell’amato si è materializzata senza saperlo.
«Victoria, mia Victoria . Dimmi dove sei, così che io ti raggiunga. Se non ho potuto nella vita, allora sia nella morte»
È giunto il momento di compiere ciò per cui che è venuta.
Dietro l’amato c’è una nuova lei, vestita di nero. Le ha rubato il cuore dalla borsa e adesso lo vuol buttare nel fuoco.
«Amerà un’altra se lo salvi!! Se ti fai da parte!! Sarai morta ingiustamente solo tu!!» grida con dolore la Morte avendo il suo cuore in mano vicino al fuoco.
Mentre le due discutono, un vociare viene dal piano di sotto. Una porta si spalanca e compare Lord Barkis più furente che mai. Ha in mano una pistola e sembra intenzionato a uccidere prima Victor e poi Victoria.
A quella vista sia la Morte che Victoria gli si lanciano contro, ma lui le spinge come fossero mosche.
Victor sembra non avvedersi di nulla, se non quando Victoria gridando si materializza di nuovo e Victor rivive la scena tanto odiata.
Questa volta, però, è preparato e preso il coltello glielo conficca nel cuore, più e più volte. Poi prende il fuoco e gli dà fuoco. Ed egli, accasciato, ridiventa polvere nera. Lì vicino c’è Victoria , sconvolta ma felice che il suo amore l’abbia salvata, uccidendo il loro assassino.
Lui guardandola piange ancora, forse crede di avere le allucinazioni. La morte le porge il cuore che aveva buttato sul letto.
«Se lui è felice non saremo morte invano. Strappa il cuore con il coltello. Attenta, sentirei lo stesso male. Dentro ci sono dei semi di vita nuova. Prendi i semi e faglieli ingoiare assieme alla mia polvere»
Detto questo scompare pure lei. Divenendo appunto polvere.
Allora Victoria prende il coltello e strappa il cuore. Un dolore la paralizza, tanto da farle cadere il coltello. Rimane immobile per alcuni minuti. Poi si riprende al suono del pianto di Victor e raccogliendo la sua polvere e i suoi semi assieme con dell’acqua glieli porge.
Lui, annebbiato dalle lacrime e dal dolore, non la riconosce e grida: «Chi sei tu?» spingendola via.
Ma Victoria non desiste e prendendogli il viso fra le mani gli dice: «Sono la tua sposa. Adesso voglio che tu ridiventi l’uomo che volevo sposare. Un giorno ci rivedremo e sarà per sempre» Allora lui annuisce perplesso e beve l’acqua con i semi e la polvere nera. Victor cade sui suoi ginocchi apparentemente sconfitto, ma Victoria lo sorregge e dice: «Abbi cura di te, signore del mio cuore. Adesso sono in te».
Lo bacia teneramente e viso con viso si confondono le loro lacrime. Poi lui si distende sul letto e lei si sdraia accanto, addormentandosi entrambi.
Quando si risveglia è di nuovo il quel luogo tutto scuro e salendo sulla nave sente il bisogno di andare a riposare.
Fino a quel giorno in cui si rivedranno e sarà per sempre.
La sposa cadavere in 5 minuti (simpatico)
film completo
Poesia
“Con questa mano io dissiperò i tuoi affanni. Il tuo calice non sarà mai vuoto perché io sarò il tuo vino. Con questa candela illuminerò il tuo cammino nelle tenebre. Con quest'anello io ti chiedo di essere mia.”
(Victor - La sposa cadavere)
Non ero la sposa perfetta
ero troppo giovane
per capire l’amore quando arriva.
Troppo innocente per non desiderarlo
troppo innamorata dell’amore
per viverlo veramente.
Diventai la sposa perfetta
riflessa nello specchio
di bianco vestita
così candida, così pulita.
Con un sogno nella mano
e nell'altra il mio destino.
Non fui più la sposa perfetta
adesso è un’altra
è passato troppo tempo
il mio amore è ormai lontano.
Ho perso il sogno nella mia mano
il mio destino è stato segnato.
ero troppo giovane
per capire l’amore quando arriva.
Troppo innocente per non desiderarlo
troppo innamorata dell’amore
per viverlo veramente.
Diventai la sposa perfetta
riflessa nello specchio
di bianco vestita
così candida, così pulita.
Con un sogno nella mano
e nell'altra il mio destino.
Non fui più la sposa perfetta
adesso è un’altra
è passato troppo tempo
il mio amore è ormai lontano.
Ho perso il sogno nella mia mano
il mio destino è stato segnato.
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Audiolibro
audiofilm
Colonna sonora
la sposa cadavere soundtrackLa vera storia
La Sposa Cadavere, capolavoro Burtoniano, è tratto da una storia vera. Parliamo di una vicenda risalente al 1930, quando un medico s’innamorò follemente di una sua paziente tanto da conservarne il cadavere dopo la sua morte prematura. Alla realtà si mescola poi il folklore con un racconto, stavolta di finzione, che narra di un giovane sul punto di sposarsi che si propone involontariamente allo spirito di una donna deceduta, e si ritrova incatenato a lei.
Una tremenda, macabra storia realmente accaduta su due amanti sfortunati, e vita e morte che non sanno lasciarsi andare. Quindi dov’è che La sposa cadavere racconta il vero, e quando inizia a mentire? Scopriamo come si fondono nel film fantasia, letteratura e la storia drammatica di un amore perduto.
È il 1930. Un radiologo tedesco di nome Carl Tanzler sogna il volto di una donna, e si convince che sia quello della sua anima gemella. Come fosse in un libro, la fanciulla a lui apparsa in sogno gli si palesa davanti. Il suo nome è Helen, è giovane e identica a come la sua mente l’aveva immaginata, ma ha un enorme problema. Purtroppo è malata e i tentativi del medico non servono a nulla. Helen muore nel 1931. Carl erige per lei un mausoleo e si reca alla sua tomba ogni sera. Notte dopo notte, per anni, finché non prende una decisione drastica che scatenerà terribili conseguenze.
Nel 1933, il corpo di Helen viene riesumato dal medico, e come Frankenstein con la sua creatura, anche Carl Tanzler tenta di strappare alla morte la donna che aveva amato in vita. Ma ovviamente fallisce e lei resta con lui, nascosta esanime nella sua casa, per sette lunghi anni. È solo nel 1940 che qualcosa cambia. La sorella di Helen ha sentito delle voci girare in città, voci inquietanti che bisbigliano sul dottore che, apparentemente, sembra vivere con un cadavere in casa.
La polizia arresta Carl. Viene definito pazzo, si sospetta un disturbo di tipo mentale, ma il medico è perfettamente in grado di intendere e di volere, sebbene consumato dal dolore. Il cadavere di Helen torna a giacere sotto terra, e a Carl non rimane nulla. Folle di amore e disperazione, crea per sé una maschera con le fattezze della donna amata in un tentativo di tenerla ancora con sé. Carl Tanzler morirà nel 1952 e verrà trovato nella sua casa, da solo, mentre stringe tra le braccia la maschera di un fantasma.
Alla realtà di un amore tragico, incapace di distinguere vita e morte, s’intreccia un racconto antico che il capolavoro di Burton non può non aver sfruttato per trarre ispirazione. E allora introduciamo Il Dito, il racconto di Isaac Ben Solomon Luria, che risale a ben cinquecento anni fa. Una donna, sul punto di diventare una sposa, viene uccisa il giorno del suo matrimonio. Verrà sepolta col suo abito bianco ancora indosso e dimenticata. Un giorno, però, un giovane anch’egli sul punto di sposarsi finisce per caso sul luogo in cui riposa il cadavere della donna. In solitudine, il giovane ripete i voti nuziali che dovrà pronunciare davanti all’altare, e quando scorge un ramo vi infila l’anello come fosse un dito. Il dito della sposa uccisa.
Come Emily, la co-protagonista del film di Tim Burton, anche la sposa del racconto di Luria pretende a questo punto che lui sia suo marito a tutti gli effetti. Lo vuole per sé, come per riprendersi qualcosa che le è stato tolto ingiustamente. Non ha, quindi, intenzione di lasciarlo andare. E non lo fa.
Il finale del film di Tim Burton è l’unica cosa che diverge completamente dal racconto seicentesco: Solomon Luria non scrive di una donna finalmente in pace, che alla fine sa distinguere la vita dalla morte e fare ciò che è giusto. La sposa di Il Dito si dissolve nel nulla tra atroci grida quando i rabbini proclamano il loro matrimonio invalido, togliendole la possibilità di coronare finalmente il suo sogno d’amore. Nulla a che vedere con le farfalle nel finale di Emily.
La Sposa Cadavere di Tim Burton è uno dei suoi film più conosciuti e apprezzati dal pubblico e dalla critica, sicuramente tra i migliori della sua filmografia, di cui abbiamo realizzato una classifica. Oltre che un capolavoro della stop-motion, tecnica di animazione col quale è stato prodotto, il film fu candidato agli Oscar e fu innovativo nell’uso, per la prima volta, di camere fisse per la realizzazione di un film animato, cui noi abbiamo dedicato un piccolo speciale per spiegare come è stato girato.
Una tremenda, macabra storia realmente accaduta su due amanti sfortunati, e vita e morte che non sanno lasciarsi andare. Quindi dov’è che La sposa cadavere racconta il vero, e quando inizia a mentire? Scopriamo come si fondono nel film fantasia, letteratura e la storia drammatica di un amore perduto.
È il 1930. Un radiologo tedesco di nome Carl Tanzler sogna il volto di una donna, e si convince che sia quello della sua anima gemella. Come fosse in un libro, la fanciulla a lui apparsa in sogno gli si palesa davanti. Il suo nome è Helen, è giovane e identica a come la sua mente l’aveva immaginata, ma ha un enorme problema. Purtroppo è malata e i tentativi del medico non servono a nulla. Helen muore nel 1931. Carl erige per lei un mausoleo e si reca alla sua tomba ogni sera. Notte dopo notte, per anni, finché non prende una decisione drastica che scatenerà terribili conseguenze.
Nel 1933, il corpo di Helen viene riesumato dal medico, e come Frankenstein con la sua creatura, anche Carl Tanzler tenta di strappare alla morte la donna che aveva amato in vita. Ma ovviamente fallisce e lei resta con lui, nascosta esanime nella sua casa, per sette lunghi anni. È solo nel 1940 che qualcosa cambia. La sorella di Helen ha sentito delle voci girare in città, voci inquietanti che bisbigliano sul dottore che, apparentemente, sembra vivere con un cadavere in casa.
La polizia arresta Carl. Viene definito pazzo, si sospetta un disturbo di tipo mentale, ma il medico è perfettamente in grado di intendere e di volere, sebbene consumato dal dolore. Il cadavere di Helen torna a giacere sotto terra, e a Carl non rimane nulla. Folle di amore e disperazione, crea per sé una maschera con le fattezze della donna amata in un tentativo di tenerla ancora con sé. Carl Tanzler morirà nel 1952 e verrà trovato nella sua casa, da solo, mentre stringe tra le braccia la maschera di un fantasma.
Alla realtà di un amore tragico, incapace di distinguere vita e morte, s’intreccia un racconto antico che il capolavoro di Burton non può non aver sfruttato per trarre ispirazione. E allora introduciamo Il Dito, il racconto di Isaac Ben Solomon Luria, che risale a ben cinquecento anni fa. Una donna, sul punto di diventare una sposa, viene uccisa il giorno del suo matrimonio. Verrà sepolta col suo abito bianco ancora indosso e dimenticata. Un giorno, però, un giovane anch’egli sul punto di sposarsi finisce per caso sul luogo in cui riposa il cadavere della donna. In solitudine, il giovane ripete i voti nuziali che dovrà pronunciare davanti all’altare, e quando scorge un ramo vi infila l’anello come fosse un dito. Il dito della sposa uccisa.
Come Emily, la co-protagonista del film di Tim Burton, anche la sposa del racconto di Luria pretende a questo punto che lui sia suo marito a tutti gli effetti. Lo vuole per sé, come per riprendersi qualcosa che le è stato tolto ingiustamente. Non ha, quindi, intenzione di lasciarlo andare. E non lo fa.
Il finale del film di Tim Burton è l’unica cosa che diverge completamente dal racconto seicentesco: Solomon Luria non scrive di una donna finalmente in pace, che alla fine sa distinguere la vita dalla morte e fare ciò che è giusto. La sposa di Il Dito si dissolve nel nulla tra atroci grida quando i rabbini proclamano il loro matrimonio invalido, togliendole la possibilità di coronare finalmente il suo sogno d’amore. Nulla a che vedere con le farfalle nel finale di Emily.
La Sposa Cadavere di Tim Burton è uno dei suoi film più conosciuti e apprezzati dal pubblico e dalla critica, sicuramente tra i migliori della sua filmografia, di cui abbiamo realizzato una classifica. Oltre che un capolavoro della stop-motion, tecnica di animazione col quale è stato prodotto, il film fu candidato agli Oscar e fu innovativo nell’uso, per la prima volta, di camere fisse per la realizzazione di un film animato, cui noi abbiamo dedicato un piccolo speciale per spiegare come è stato girato.