Saprai fotografare le anime quando imparerai a leggerle
Non sarò mai una brava fotografa, perché io nell'attimo dello scatto cerco la sua storia. Non lo vivo, oppure lo vivo troppo. E finisco sempre e comunque per perderlo. Non sarò mai una buona fidanzata.
Detto questo, svelo subito il mio pensiero sul saper fotografare. Per me, da profana, oltre i tecnicismi basilari è semplicemente questo. Con anime intendo le persone, ma il concetto si può allargare a tutto quanto; che siano panorami o oggetti è uguale. Il concetto è il saper vedere realmente ciò che andiamo a inquadrare. vederlo o saperlo vedere con quel guizzo di eternità. Non è filosofeggiare su oggetto, un vaso non è semplicemente un vaso può benissimo rappresentare una vita intera se quella vita sai vederla, o per meglio te la puoi avvertire dentro.
Se un buon fotografo può sentire un oggetto o un panorama tanto più una persona. Questo, a mio avviso aveva portato la prima fotografa donna: Julia Margaret Cameron.
Julia Margaret Cameron 1815-1879
Figlia di un ufficiale inglese e di aristocratici francesi, nata a Calcutta, fu la prima fotografa della storia. I suoi ritratti “leggermente sfocati” e bucolici, sono ancora oggi un'indelebile rappresentazione del pittorialismo in fotografia.
Sono folle d'amore per questa donna e i suoi scatti perché i suoi scatti vanno oltre lo scatto. Guardate la bellezza di questa foto cosa può trasmettere...
Ma lasciando la mia preferita, vi convido un articolo del primo scatto prodotto dall'uomo. A provarci fu Nicèphore Niepce che, nel suo tentativo di fissare la veduta da una finestra, sfrutta le capacità d’annerimento del bitume di Giudea su una lastra di peltro, con una posa di circa otto ore. Da quel momento possiamo dire che prende il via la lunga storia della fotografia, cambiata radicalmente nel corso del tempo ed arrivata fino ai giorni nostri con la nuova frontiera delle foto digitali e la velocità della stampa foto su internet. Ma ripercorriamo insieme le tappe fondamentali della storia della fotografia. Come detto, la prima foto fu di Nicèphore Niepce, scattata il 19 agosto del 1826. Questa foto è conosciuta come la eliografia su lastra di stagno, “Vista dalla finestra a Le Gras” (in francese “La cour du dolmaine du Gras“), ancora oggi intatta. Su una copia rifinita dell’immagine è possibile riconoscere chiaramente la finestra aperta sulla sinistra, a fianco una colombaia e dietro un albero. Nel centro spunta un tetto e alla sua destra un camino. Ci vollero otto ore per scattare questa foto e la piastra di stagno su cui fu catturata la foto aveva una dimensione di 20X25 cm.Nel 1917 nasce la Box Kodak, la prima macchina fotografica ad uso comune ed accessibile a tutti.
Nel 1902, viene lanciata negli Stati Uniti la prima reflex monobiettivo, chiamata Graflex, che accompagnerà la storia del giornalismo americano e verrà considerata per molto tempo, uno dei migliori strumenti fotografici del mondo.
Nella seconda metà degli anni ’90 la fotografia si sviluppa in modo molto importante. Le aziende fotografiche continuano a perfezionare le loro produzioni; migliorano gli strumenti, ma anche la definizione e la sensibilità delle pellicole, con una qualità sempre più alta delle immagini e una forte riduzione dei tempi di sviluppo e di stampa; nel 1948, nascerà infatti la Polaroid modello 95, la prima macchina fotografica a sviluppo immediato, grazie alle intuizioni dell’inventore statunitense E.H. Land.
Nel 1970 viene realizzata dalla Canon la macchina fotografica più veloce al mondo. Ma cui ne seguiranno altre, realizzate dai vari marchi del panorama internazionale, seguita nel 1999 da un’altra nata in casa Nikon, la prima reflex digitale, Nikon D1. Quello che segue è solo un perfezionamento tecnologico, di strumenti sempre più evoluti, nel campo dell’ottica e della fisica, capaci di creare immagini ad altissima definizione, manipolabili in quasi tutti i loro aspetti grazie a programmi di photo editing. Senza dimenticare che grazie alle foto digitali si sono abbassati notevolmente anche i costi di stampa. E con l’avvento di internet anche i servizi di stampa delle foto online hanno iniziato a prendere piede permettendo così a tutti di poter scegliere cosa stampare, in che formato e facendo arrivare tutto a casa.
Un film completo adatto è quello del mio attore preferito Robin Williams: One hour photo un film delicato che mette insieme anime e fotografia e l'amore per i dettagli. Dopo il film ho letto un articolo di Matteo Balestrieri, che vi condivido sulla psiche e la fotografia.
Mi è capitato di rivedere questo film, già visto alcuni anni fa al momento della sua uscita (2002). Ero rimasto con la voglia di rivederlo, e dopo questa seconda proiezione mi sono convinto che si tratti di un piccolo capolavoro del regista Mark Romanek e soprattutto una conferma straordinaria del talento di Robin Williams, spesso impiegato in ripetitivi ruoli di brillante ed agitato eroe della pellicola (“Patch Adams”, “Will Hunting”, “Peter Pan”, “L’attimo fuggente”, “Mrs. Doubtfire”, ecc. ecc.). Al contrario, in questo film Williams regala al suo personaggio capacità di sottrazione e misura dei gesti, lasciando allo spettatore impressioni, suggerimenti, spunti di approfondimento.
Film completo
Per buona parte del film nulla sappiamo di questo personaggio, misurato anche nel nome (Sy), commesso presso un laboratorio di sviluppo fotografico rapido (“One hour photo”) in un grande magazzino. E’ un timido, introverso, isolato individuo. Il suo mondo si riduce al lavoro, che lo impegna in modo maniacale, tanto da infuriarsi con chi non apprezza anche pochissime variazioni nell’esposizione cromatica delle foto. Intuiamo, aiutati anche dal sottofondo musicale, che il fragile equilibrio raggiunto da Sy non può durare a lungo. Sotto la facciata di gentilezza verso i clienti, iniziamo a capire che cova la brace di un’intolleranza rispetto alle imperfezioni non solo fotografiche, ma della vita intera degli altri. Sy ha sviluppato in particolare una passione morbosa per la famiglia di una cliente abituale (Nina), di cui ha visto crescere il figlioletto ormai di nove anni (Jack), spesso presente insieme alla madre al laboratorio fotografico. Esiste anche il marito Will, che pure Sy conosce attraverso le foto ma che finora non ha mai conosciuto di persona. L’idealizzazione di questa famiglia è giunta al punto di indurre Sy a tappezzare una parete del suo appartamento con tutte le loro foto che ha sviluppato negli anni, in una sorta di voyerismo della famiglia felice.
Ci rendiamo progressivamente conto che i confini imposti dalle regole di vita personale e lavorativa e le rappresentazioni interne di Sy non sono sempre coincidenti. Sy concepisce gli acquirenti come propri clienti, mentre il direttore del personale più volte gli fa presente che sono clienti del supermercato e non può perciò agire di propria iniziativa, regalando ad esempio a Jack una macchina fotografica usa-e-getta per il compleanno. Inoltre la fantasia di Sy lo porta sempre più spesso a immaginarsi di essere benevolmente accolto all’interno della famiglia, considerato come uno zio.
Le cose precipitano per l’improvviso licenziamento di Sy, a causa delle innumerevoli infrazioni lavorative commesse per coltivare la sua passione verso questa famiglia e per ingraziarsela con piccoli favori. Contemporaneamente Sy intuisce, attraverso il rullino che gli ha portato un’altra acquirente, che il marito sta tradendo Nina. Il suo mondo crolla improvvisamente. Non più sorretto dall’investimento maniacale sul lavoro, e tradito dall’immagine idealizzata di questa famiglia, monta la rabbia a lungo repressa e Sy si trasforma in un efferato delinquente fornito dell’arma che meglio conosce, la macchina fotografica. Inizia così a minacciare il direttore del personale consegnandogli foto ritratte di nascosto della sua piccola figlia e recapita a Nina le foto del tradimento del marito, senza peraltro suscitare in Nina alcuna reazione importante. Ennesima disillusione, neanche lei è perfetta (Sy commenta “che razza di famiglia è questa?”).
Allora abbandona il comportamento da stalker e passa all’azione violenta: in una scena memorabile scova Will con l’amante e sotto la minaccia di un coltellaccio li costringe a mimare un rapporto sessuale. Temiamo per la loro sorte, ma Sy è un giustiziere fotografico e non un assassino. La polizia nel frattempo ha allarmato tutti ed è sulle sue tracce, giungendo a catturarlo. Nella scena finale intuiamo dalle caute parole di Sy all’ispettore della polizia che la sua vita è stata traumatizzata da esperienze brutali impostagli da bambino, e comprendiamo come la passione per la fotografia è il diretto sviluppo di tali esperienze e che soprattutto la fuga dalla realtà, l’accenno di pedofilia e la necessità di credere nella possibilità di una famiglia ideale sono funzionali al bisogno di superare il trauma.
La sensazione che produce questo film è quella del piacere cromatico e visivo della scenografia e dell’interesse suscitato da un argomento, quello del trauma e abuso infantile, trattato con grande delicatezza, direi quasi accennato per ellissi. Robin Williams ci regala un personaggio fortemente traumatizzato, chiuso e triste (Jack, ragazzino sensibile, se ne accorge prima degli altri…), che – come spesso capita – di fronte alla frustrazione reagisce con una rabbia incontrollabile. Per una volta, un film americano che rappresenta uno spaccato di vita verosimile, con un protagonista al quale ci legano sentimenti ambivalenti di angoscia e affetto.
Autore: Matteo Balestrieri
colonna sonora
Il cielo matto di marzo e di quel nostro incontro
Al centro tu poggiata sui ginocchi
E il vento ed i capelli sui tuoi occhi
Qui l'ombra cade giù dalla tua mano
Un orizzonte di cani abbaia da lontano
Tu aggrappata alla ringhiera
Di una tenera e distratta primavera
Pomeriggio lento e un po' svogliato
Maggio è andato via, un dito sotto il mento
E gli uccelli fuggono infilando il verde
Dove la città si perde
Sopra un foglio di carta vetrata
Luglio e tu sdraiata
Tu sporca di baci e sabbia
A cercar le labbra smisurate dell'estate sulle mie
In quest'altra stiamo insieme
E come ridi di gusto e fino a soffocarti
Io stringevo agosto e te
Bevendoti con gli occhi miei per non scordarti
E ancora tu tra file di alberi
Che cuciono colline d'uva bianca
E tu sei stata un giorno intero a bere vino
E un contadino col bicchiere in mano lì vicino
Foglie arrugginite in fondo al viale
E nuove voglie e tu qui sei venuta male
La tua faccia un po' tirata
E una risata senza più allegria e incoscienza
L'aria acerba della domenica mattina
Sopra l'erba tu e lacrime di brina
Guance colorate mentre sbucci
Arance e stupide bugie
Resta lì
Non muoverti
Sorridi un po'
Adesso voltati
Fai così
Appoggiati
Non dire no
Amore guarda qui
Gennaio e il fiato grosso scalda le parole
Il sole andava giù, cielo di marmo rosso
Tu un po' nera contro quella sera
Che scavava il nostro addio e scappava
La pioggia fina salta sopra i marciapiedi
Noia meschina e tu, tu guardi ma non vedi
Che è finita e tra le dita
Non ci sono che fotografie
Un azzurro scalzo in cielo
Il cielo matto di marzo e di quel nostro incontro
Al centro tu poggiata sui ginocchi
E gli occhi tuoi per sempre nei miei occhi
Compositori: Claudio Baglioni
la malinconia fa il conto dei miei giorni
compresa l'esperienza della vita mia
somiglia ad un gabbiano con le ali aperte
lungo l'orizzonte abbraccia il cielo che è sopra di me
che affonda dentro lo scenario di un tramonto
Io che leggevo sempre ali di farfalle dentro gli occhi tuoi
nutrivo la speranza che la tua pelle fosse solamente mia
tu invece programmavi un'avventura, un'altra storia senza me
e il tuo profumo non mi va più via dalle lenzuola il mare aperto di un ricordo
Io senza di te fotografia di chi va via
nello specchio dei pensieri miei
ti vedo ma non ti raggiungo mai
Faccio a pezzi la mia rabbia
prendo a calci questa sabbia
se sapessi amare un'altra ti cancellerei da me.
Senza di te seguo una via di periferia
Il cielo sta piangendo su di noi
chissà se sta bagnando gli occhi tuoi.
Io ti cerco come un fiato che si perde contro un vetro
sulla tela di un pittore che dipinge quello che non c'è.
L'amore ci abbandona e il vortice del tempo non ci avvolge più
sperduti in quella sfera di un mondo capovolto che ci spinge giù
si perde la speranza di ritrovarti ancora nella vita mia
forse eri solo una fotografia abbandonata nell'armadio dei ricordi.
Io senza di te fotografia di chi va via.
Il cielo sta piangendo su di noi
chissà se sta bagnando gli occhi tuoi.
Io ti cerco come un fiato che si perde contro un vetro
sulla tela di un pittore che dipinge quello che non c'è.
Amore mio ti cercherò
ti cerco e ti perdo.
Io senza di te
che fai per caso
mentre fai le solite cose.
con sguardi studiati
Fresco e velenoso.
Un passaggio che avrei voluto durasse una vita
una foto che con gli occhi scatto
talmente sperata
da divenire chimera.
Ed eccola dentro la mia testa
ora che l'ho rivisto
Ora che ho posato di nuovo lo sguardo verso il miracolo.
Dopo si prende da dove si era lasciato.