La Metafora del topo
Eh già! Per mia figlia sono una topina! MA suprema! Ora vi farò capire il perché della sua scelta!
I topi non piacciono ma bisogna andare oltre e guardarli per come sono davvero!
dal sito (https://www.buonenotizie.it/)
Alla sola parola ratto qualcuno reagisce saltando su una sedia fra urla di spavento. Ma – signori miei! – c’è topo è topo. Ci sono roditori infestanti e ci sono Allan, Kim e Zyko. Ecco a voi i “topi eroi”, cioè piccoli animaletti capaci di fiutare e segnalare le mine interrate salvando numerose vite umane. Secondo l’Unicef “oltre l’80 per cento delle 15.000/20.000 vittime causate ogni anno dalle mine sono civili; di queste, almeno una su 5 è un bambino”. Ancora oggi, 60 milioni di ordigni sono sparsi in 69 paesi nel mondo, l’Africa in particolare ne è piagata. Oltre ai terribili danni fisici, le mine frenano lo sviluppo dei paesi che affliggono perché intralciano la coltivazione di ampi territori fino alla completa bonifica. Ne è un esempio il Mozambico: la guerra civile ufficialmente finita nel 1992 ancora oggi raccoglie i suoi morti. Le mine, infatti, sono armi crudeli che non conoscono trattati di pace o “cessate il fuoco”: loro sono sempre lì in attesa della prossima vittima. Ma non sanno che un topo può individuarle e farle disinnescare.
I topi hanno un fiuto sviluppatissimo, capace addirittura di individuare la presenza di batteri nel sangue umano. Bart Weetjens della organizzazione non governativa APOPO ha trovato il modo di addestrare i topi alla ricerca di esplosivo: un animale addestrato localizza mine interrate in un area di 100 metri quadrati in 30 minuti e in cambio riceve gustosi pezzi di banana.
Gli animali addestrati non corrono certo il pericolo di saltare per aria: sono così leggeri – pesano circa un chilo – che non attivano il meccanismo di detonazione delle bombe. Ecco perché farsi aiutare nel difficile compito dello sminamento, da dei cani diventa più difficile. I migliori amici dell’uomo infatti, oltre ad essere pesanti e a correre più pericoli, sono difficili da addestrare e anche più costosi da allevare. Un topo è piccolo, è portato per i compiti ripetitivi e si trasporta ovunque: oggi sono attivi sminatori in Mozambico, Congo, Angola e Zambia e sono costantemente seguiti da veterinari che li controllano e curano settimanalmente.
“I topi sono molto intelligenti e amano imparare cose nuove – racconta Jared Mkumbo, l’ allenatore tanzaniano dei topini anti-bomba – inoltre resistono a molte malattie tipiche delle aree tropicali”.
Nonostante le loro piccole dimensioni, il loro ruolo nell’ecosistema è encomiabile. Il compito principale che questo roditore svolge nelle foreste in cui vive è involontario e semplice: nutrirsi. Il migliore meccanismo di difesa che i topi selvatici possono utilizzare contro i predatori è il loro essere furtivi e la capacità di stabilire percorsi sicuri all’interno del territorio. Tuttavia, un calo della popolazione di questi roditori sarebbe un duro colpo per la sopravvivenza dei piccoli predatori che li cacciano. In uno studio, è stato registrato che le ghiande che i topi selvatici non aprivano del tutto o tenevano come scorta finivano per germogliare e dare origine a nuovi alberi. Inoltre, è stato osservato che i topi trasportano i semi fino a 130 metri di distanza dall’albero madre, il che favorisce il fenomeno della dispersione. Questo meccanismo è risultato essere particolarmente vantaggioso per le querce (genere Quercus).
Mamma Topa che difende i suoi topini!
Audiolibro
Il Topo di Città e il Topo di Campagna: la favola di Esopo sui cambiamenti e il valore delle scelte
A volte non siamo mai contenti di ciò che abbiamo, ma chi lascia la via conosciuta per l’ignoto, sa cosa sta lasciando, ma non cosa troverà.
La favola del Topo di Città e il Topo di Campagna di Esopo (e successivamente di Orazio) racconta le avventure di due topini, uno abituato alla frenesia della città e l’altro alla tranquillità della campagna.
Stanchi della loro vita, decidono di scambiarsi casa, ma presto scopriranno che ogni scelta ha dei rischi e che l’ignoto nasconde difficoltà impreviste.
Un racconto che invita a riflettere sui cambiamenti e sulla bellezza di apprezzare ciò che si ha.
’era una volta un topino che viveva in città, e che un giorno decise di fare una gita in campagna.
Era stufo della vita frenetica che faceva ogni giorno e voleva rilassarsi un po’ tra i prati verdi e all’ombra di qualche grande albero.
Mentre riposava tranquillo, passò di lì un topino di campagna.
– Buongiorno – gli disse il topino di campagna.
– Buongiorno a te! – rispose il topino di città. – Sei di queste parti?
– Certamente, abito con la mia famiglia un po’ più in là, vicino a quel boschetto.
– Come ti invidio… – gli disse il topino di città – tu stai qui tranquillo e sereno senza preoccupazioni, io invece devo correre tutto il giorno di qua e di là per non farmi prendere!
– Ma scusa, tu da dove vieni? – chiese incuriosito il topino di campagna.
– Vengo dalla città.
– Ma allora sei tu quello fortunato! Lì in città avete tutte le comodità del mondo e anche cibo in abbondanza! Qui ci sono periodi in cui si fa la fame…
– Guarda amico mio, ti propongo uno scambio. Io vengo a vivere qui in campagna e tu vai a vivere da me in città, ci stai?
– Va bene, ci sto! – rispose tutto contento il topino di campagna.
E così i due si avviarono alle rispettive nuove case.
Al topino di città non sembrava vero di poter finalmente stare tranquillo per un po’, senza dover correre dalla mattina alla sera. Per il topino di campagna, il solo pensiero di avere una dispensa piena di cibo, da poter usare a proprio piacimento, era più di un sogno che si realizzava.
Il topino di città, all’inizio, trovava anche divertente il dover andare a caccia ogni giorno di un piccolo pezzo di formaggio o il doversi ingegnare su come raccattare una briciola di pane. In città aveva messo su grasso in abbondanza e aveva un po’ di pancetta da smaltire.
Invece il topino di campagna, finalmente, non doveva più preoccuparsi di dover ogni giorno trovare un modo per riempirsi la pancia: bastava entrare in cucina e servirsi. L’unico inconveniente era il dover stare attento al padrone di casa, a sua moglie, ai due figli e ai tre terribili gatti che in ogni momento cercavano di fargli la pelle.
I giorni e le settimane passavano. Dopo un mese, il topino di città iniziò a rimpiangere le grandi abbuffate che faceva a tutte le ore del giorno. Adesso era già tanto se raggranellava qualche pezzettino di pane raffermo o una fetta di formaggio ammuffita.
Il topino di campagna, invece, non ne poteva più di rischiare la vita ogni volta che entrava in cucina per rubare un pezzettino di formaggio: il batticuore e la paura erano troppo per lui.
Così decisero entrambi di ritornare indietro da dove erano venuti e si incontrarono a metà strada.
– Ciao amico topo di campagna!
– Ciao amico topo di città!
I due si abbracciarono, e si ringraziarono per le esperienze che avevano potuto fare scambiandosi la casa. Soprattutto, avevano imparato ad apprezzare ciò che possedevano e che era inutile essere invidiosi l’uno dell’altro. Giurarono solennemente che sarebbero rimasti per sempre amici e ciascuno, felice, corse veloce a casa sua.
Morale: meglio una vita più semplice ma serena, che una vita brillante ma piena di pericoli.
Preso da Maremosso
I topi nella letteratura sono prevalentemente simbolo di angoscia e indicano disgusto e degrado. Non è certo possibile riproporre tutte le opere in cui questi animali sono stati raccontati da scrittori antichi e moderni: pensiamo solo ai ratti che, uccidendo l’ultimo discendente della famiglia Buendia e trascinandone via il corpicino, chiudono anche simbolicamente Cent’anni di solitudine, il romanzo che valse a Gabriel García Márquez il Premio Nobel.
Ci soffermiamo però su tre testi che sono dei veri e propri classici, ognuno nel suo particolare genere: Uomini e topi di John Steinbeck; La peste di Albert Camus e la graphic novel Maus di Art Spiegelman.
E parlando di topi...
L'anno del topo
I topo-divi
"Firmino" di Sam Savage
Uomini e topi di John Steinbeck
Il titolo dell'opera è tratto da una poesia dello scrittore scozzese settecentesco Robert Burns. Il romanzo di Steinbeck è stato pubblicato a New York nel 1937 e in Italia da Bompiani nel 1938, tradotto da Cesare Pavese.
Il romanzo si svolge in America nel periodo successivo alla crisi del 1929 ed è ambientato in una fattoria della California centrale dove sono giunti due stagionali in cerca di lavoro: George Milton e Lennie Small.
Lennie è un ragazzo, buono ma con il cervello di un bambino. Possiede una terribile forza, che non riesce a controllare: con la semplice pressione delle dita infatti, uccide spesso inavvertitamente i piccoli animali che ama accarezzare, come topi o cagnolini.
George, che gli vuole bene, cerca sempre di controllarlo e ogni volta che può lo tira fuori dai guai. Cerca anche di rallegrarlo e di dare sollievo alla miseria in cui vivono, dandogli speranza per il futuro, parlandogli della fattoria che un giorno avranno, piena animali e di cose belle e morbide che potrà accarezzare.
Lennie, ascolta l'amico, ha cieca fiducia e grande ammirazione per lui, gli obbedisce in tutto e si sforza di ricordare ogni sua parola.
Un giorno Lennie si invaghisce della bella moglie del prepotente Curley e involontariamente, per accarezzarle i capelli, la uccide. George allora, per pietà e per sottrarlo al linciaggio, lo colpisce, uccidendolo, con un colpo di pistola, mettendo così fine alle sue sofferenze.
Dal romanzo venne tratto nel 1939 il film dal titolo omonimo con la regia di Lewis Milestone e gli attori Burgess Meredith, Betty Field e Lon Chaney Jr..
Nel 1992, sempre con lo stesso titolo, è stato girato il film del regista Gary Sinise, con l'interpretazione di John Malkovich nella parte di Lennie Small, Gary Sinise nella parte di George Milton e Sherilyn Fenn nella parte della moglie di Curley.
Nel 2006 viene citato più volte nel corso del quarto episodio della terza stagione di Lost.
La peste di Albert Camus
La Peste, la malattia che nei secoli ha mietuto milioni di vittime e, in un certo senso, ha modificato il corso della Storia dell'umanità. Un malattia, ma anche un simbolo che indica come il male possa improvvisamente esplodere annientando, come vadano colti i primi segni di quella che non è solo una delle maledizioni bibliche, ma può essere un male dell'anima.
La Peste, un bacillo che, anche quando è apparentemente annientato, può tornare a rigenerarsi, tragicamente forte e prolifico.
Metafora del Male che si nasconde nel cuore degli uomini e che mai si può cancellare definitivamente.
Siamo negli anni Quaranta, l'Algeria è sotto la dominazione francese. A Orano le giornate scorrono calde e afose in una estate uguale a tutte le altre, con i giorni scanditi dal via vai delle navi mercantili nel porto e dal vuoto di un'esistenza nella quale "ci si annoia e ci si applica a contrarre delle abitudini". Un segno però fa presagire la tragedia incombente: un topo morto lungo le scale, poi cinque sul marciapiede. In pochi giorni sono migliaia a popolare con le loro carcasse ogni angolo della città: è la Peste che dilaga e che improvvisamente, miete a decine le sue vittime. Di fronte agli uomini e alle donne contagiati, sempre più numerosi, nessuno vuole ammettere il dramma; le autorità e i medici si rifiutano di pronunciare l'orrendo nome nel vano tentativo di frenare il contagio: Manzoni descrive con ironia il rifiuto seicentesco di ammettere l'epidemia, Camus ce lo ripropone in pieno Novecento. Ma viene il momento in cui è impossibile negare l'evidenza, ma è tardi quando si prendono le prime misure di sicurezza.
Alcuni uomini però vogliono affrontare il male, decisi a sconfiggerlo. Uno di questi coraggiosi è il dottor Rieux, un medico francese che vive a Orano e che, con un gruppo di persone generose, in una città in cui tutto manca dal cibo agli affetti, si batterà senza tregua per sconfiggere la peste. È affidato a lui il ruolo di narratore nel romanzo. Rieux racconta la cronaca dei fatti a partire dall'inizio del morbo fino al giorno della sua sconfitta. La fede, la volontà di chi non riesce ad "essere felice da solo" e il senso del dovere sono i veri protagonisti del romanzo. Alla fine il racconto di Rieux sarà il resoconto di una battaglia vinta, ma non la "cronaca di una vittoria definitiva":
"egli sapeva, infatti, quello che ignorava la folla e che si può leggere nei libri, ossia che il bacillo della peste non muore nè scompare mai, che può restare per decine di anni addormentato nei mobili e nella biancheria, che aspetta pazientemente nelle camere e che forse sarebbe venuto il giorno in cui la peste avrebbe svegliato i suoi topi per madarli a morire in una città felice".
Camus conosceva un altro germe, un altro mostro che aveva, e nessuno all'inizio ne aveva visto la pericolosità, invaso l'Europa e ucciso milioni di uomini: il nazismo.
Anche questo mostro era stato sconfitto, ma lo scrittore sa che il virus può sempre riprendere forza e annientare le coscienze degli uomini. Per questo bisogna riconoscerne subito i primi "sintomi" e stroncare la malattia sul nascere.
Da questo romanzo fu tratto nel 1992 un film omonimo dal regista argentino Luis Penzo.
Maus di Art Spiegelman
Pubblicato a puntate negli Stati Uniti tra il 1980 ed il 1991 e in seguito raccolto in volume, Maus ha ottenuto il plauso di pubblico e critica, raggiungendo una popolarità planetaria. Tradotto in una ventina di lingue, nel 1992 è stata la prima graphic novel ad essere insignita di uno Special Award del premio Pulitzer, il massimo rinoscimento giornalistico mondiale.
L'opera è divisa in due parti:
Mio padre sanguina storia – composta da 6 capitoli pubblicati per la prima volta nel 1973 (in Italia nel marzo 1989 da Milano Libri), mostra il rapido inasprimento delle condizioni di vita degli ebrei polacchi negli anni immediatamente precedenti allo scoppio della guerra.
E qui sono cominciati i miei guai – composta da 5 capitoli pubblicati per la prima volta nel 1991 (in Italia nel settembre 1992 sempre da Milano Libri), dà invece un chiaro spaccato della vita dei deportati all'interno del campo di concentramento negli anni della guerra.
I personaggi dell'opera sono rappresentati non in forma umana, bensì in quella animale, che caratterizza la loro posizione sociale, secondo una serie di metafore; i protagonisti, per esempio, gli ebrei perseguitati sono rappresentati come topi (Maus in tedesco significa topo), contrapposti ai nazisti dipinti come gatti, i francesi sono rane, i polacchi maiali, gli americani cani e così via.
Ecco le parole di Umberto Eco su questa storia: "Maus è una storia splendida. Ti prende e non ti lascia più. Quando due di questi topolini parlano d'amore, ci si commuove, quando soffrono si piange. A poco a poco si entra in questo linguaggio di vecchia famiglia dell'Europa orientale, in questi piccoli discorsi fatti di sofferenze, umorismo, beghe quotidiane, si è presi dal ritmo lento e incantatorio, e quando il libro è finito, si attende il seguito con disperata nostalgia di essere stati esclusi da un universo magico".
Moni Ovadia sottolinea il senso delle scelte di Art Spiegelman: "... il topo è visto come essere minaccioso. Il topo è quello che scatena nell’uomo la voglia di annientamento: il topo spaventa, terrorizza, è portatore di strane malattie e di affezioni... Così i nazisti vedevano gli ebrei. Li vedevano come un virus, una piaga, come qualcosa da cancellare: bisognava disinfestare l’Europa dagli ebrei. Quando ammazzavano tutti gli ebrei dicevano che il territorio era Judenrein "pulito", "puro dagli ebrei".
Un'intervista ad Art Spiegelman su Café Letterario
Sigmund Freud
Casi clinici. Vol. 5: L'Uomo dei topi di Sigmund Freud
Il significato simbolico che i topi hanno negli esempi letterari sopracitati hanno un vero e proprio fondamento psicoanalitico. Prendiamo in considerazione il quinto volume dei Casi clinici di Freud intitolato L'uomo dei topi e lo capiremo.
L'Uomo dei Topi era un paziente di Freud, un avvocato di circa trent’anni che aveva sofferto fin dalla prima infanzia di impulsi ossessivi, che si erano aggravati negli ultimi anni, compromettendo sia la sua vita privata che quella lavorativa.
L’analisi iniziò il 1 ottobre del 1907 e durò undici mesi. Freud propose questo caso clinico al congresso di Salisburgo, il 27 aprile del 1908, circa sei mesi dopo la presa in carico del paziente, con il titolo: "Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva".
Il paziente soffriva di ossessioni (relative a due persone a lui care, suo padre e una donna di cui era ammiratore), provava forti impulsi autodistruttivi e si costruiva divieti che potevano riferirsi anche a situazioni insignificanti.
Il paziente durante la terapia aveva accettato di ripercorrere tutti gli eventi più significativi della sua infanzia. Il trauma all'origine dei problemi di questo paziente era avvenuto durante il servizio militare prestato in Galizia come sottotenente.
L'Uomo dei Topi aveva sviluppato il timore di un supplizio orientale, descrittogli dal suo Capitano (un militare particolarmente amante delle crudeltà) in cui alcuni topi vengono indotti a farsi strada nell'ano di un criminale. La sua ossessione era che questa punizione avrebbe potuto avere come vittima sia la donna che avrebbe sposato, sia suo padre che era morto da anni.
Da bambino ricordava di essersi "comportato male come un topo", cioè aveva morso la sua governante. Picchiato per questo dal padre, in lui era nato un odio profondo verso il genitore. Questo fatto aveva generato secondo Freud il desiderio inconscio che il padre potesse subire il particolare supplizio che vedeva nei topi l'elemento punitivo. Poiché il desiderio di vendetta era inaccettabile alla coscienza, lo aveva represso, trasformandolo in un timore ossessivo cosciente.
Freud interpreta dunque l'ossessione come un orrore conscio, mascheramento di un godimento inconscio.
Questo caso permise a Freud di affinare la sua comprensione della nevrosi ossessiva e in particolare del ruolo che vi giocano l'odio ed il godimento, l'ambivalenza dei sentimenti, la colpa legata a sentimenti di morte provati nei confronti del padre.
Osserviamo in questo articolo di Cristina Allegretti come la psicoanalisi in genertale interpreta la figura del topo:
Cristina Allegretti
Animale dell'anima, figura ctonia, simbolo dei poteri dell'oscurità, del movimento incessante, dell'agitazione insensata.
Nella religione cristiana è simbolo del diavolo, è il divoratore delle provviste. Santa Gertrude aveva il compito di proteggere da tale sventura,
il topo è raffigurato mentre morde le radici dell'albero della vita.
Usato dall'uomo anche come cavia per i suoi esperimenti, nell'inconscio è l'uomo ad essere messo alla prova, nei suoi bisogni, dalla presenza
inquietante del topo.
Simbolo della sessualità, dell'oralità, del predominio del sociale rispetto al predominio individuale, il topo è un simbolo provocatorio rispetto alla
coscienza piramidale, ben strutturata eroicamente dell'essere umano.
Il topo rappresenta spesso l'altro lato del Sé, è la manifestazione della poca familiarità che l'uomo ha con il suo lato universale.
Animale impuro, vive anche nelle fogne, si ciba di spazzatura, resta ai limiti del sociale e, restituito con queste caratteristiche alla dimensione
interiore e psicologica dell'uomo, ne incarna assai intuitivamente, il simbolo dell'esilio dalla dialettica umana.
Il topo e' un roditore, vive nell'oscurità. Animale schivo, nel passato gli venivano attribuite facoltà demoniache e profetiche. Si organizza in gruppi, così può vedere come un simbolo che rode la coscienza del singolo, messaggero della necessità di aprirsi, era visto nel passato anche come portatore di sventura a causa del suo rosicchiare oggetti culturali: come libri e così via.
Il simbolo del topo può essere associato alla dea azteca Tlazolteote, la dea della sporcizia, associata alle arti magiche e alla purificazione dei peccati, agiva da tramite tra il penitente e il dio Tezcotlipoca "Lo specchio che fuma".
Il mito, a mio avviso, ripropone la natura ambigua del topo, rappresenta sia il limite che si rifiuta, sia la forza cosmica non ancora socialmente elaborata, non fruibile.
S. Freud, in "Casi clinici 5 - L'uomo dei topi", si esprime così su questo animale: "L'idea del topo è inseparabilmente collegata con il fatto che esso morde e rode con i suoi denti aguzzi; ma se i topi mordono, sono sozzi e voraci, non possono restare impuniti; gli uomini li perseguitano e massacrano senza pietà, come il paziente aveva talvolta visto fare, inorridendone. Spesso aveva provato un senso di commiserazione per quelle povere bestie. Ora, egli stesso era stato una volta un piccolo monellaccio disgustoso e sporco, che nella rabbia sapeva mordere chi gli stava vicino, ricevendone poi tremende punizioni. Ben poteva ravvisare nel topo il suo `sosia'".
Senza inoltrarci sulla forzatura che Freud opera, a livello di causalità, tra vissuti remoti di aggressività verso il padre e fantasia ossessiva della persona in questione, il topo in effetti può essere visto come l'immondo che l'uomo porta in sè e che non può essere accettato dal Super-Io.
Il topo ha in qualche modo a che fare anche con l'atteggiamento predatorio dell'uomo, anzi è esso stesso caricatura del simbolo della "preda" in quanto, quando gli capita di finire nelle grinfie "scientifiche" e "scientiste" dell'uomo, esso può conoscere assai bene la "crudeltà" di questo uomo _ demiurgo per la cui causa dovrebbe immolarsi. Si pensi alle cavie da laboratorio, alla vivisezione.
C'è un modo di dire per indicare minimo risultato con apparente massimo sforzo: la montagna ha partorito il topolino! Un sogno si fa cruda e caricaturale immagine di tale espressione popolare:
Dal centro di una montagna fuoriescono tantissimi topi.
La sognatrice viene aiutata da un giovane ad attraversare la montagna: egli pone tavole di legno al suo passaggio, sicchè i piedi di lei restano protetti dal contatto con l'orrendo popolo. La sognatrice si ritrova, all'interno di un mausoleo, con la propria psicoanalista. Il luogo è solido, marmoreo, bianco e silenzioso. In questo sogno il topo rappresenta il lato caotico inconscio che esplode dalla montagna e che rende la stessa un posto insicuro dove stare, un brulicare di piccoli pensieri, il luogo eccellente dei personalismi in cui i tanti ego arrogantemente credono di costituire insieme la solidità e la certezza che solo la vera montagna, dunque il vero Sé, sa garantire. L'uomo soccorritore rappresenta il terzo occhio, la capacità riflessiva umana che conduce attraverso la morte dell'ego (che fino alla fine non rinuncia a celebrarsi se per riposare in pace vuole la "grandeur" di un "mausoleo") alla presenza in un luogo solido, silenzioso, e "purificato" dai "rodimenti" egoriferiti.
Significativamente, il sognatore, la notte prima del suo matrimonio, viene invitato a ridurre le proiezioni guardando al proprio inconscio. Tale è il senso del suo sogno:
Trova, tra le lenzuola, un topo.
L'immagine può segnalare, dunque, dinamiche inconsce ombrose che ci portiamo ancora dentro, e dai quali eventi importanti della nostra vita, quali la scelta di sposarsi, non ci possono difendere.
Il topo rimanda anche all' inconscio tout-court,che lega spesso il figlio alla madre, non solo alla madre esterna ma anche alla madre intesa quale parte dell'inconscio da cui la coscienza nasce.
Un sogno svela alla sognatrice una sua dinamica inconscia:
Nella cantina della madre vive un topo che divora tutto. La cantina è assolutamente disordinata in netto contrasto con la vera natura della madre, persona, caso mai, proprio eccessiva nella pulizia e nel rigore. Ciò che nella realtà è ordinato, nel sogno appare disordinato e il disordine viene alla luce nella cantina, simbolo del rimosso, dell'inconscietà, e nel disordine il topo: simbolo del caos, dell'animalità. Esso divora tutto, ogni oggetto affettivamente carico che in cantina, ovvero nell'inconscio stesso, temiamo e nascondiamo: i ricordi dolorosi, i limiti… ma anche le risorse, le nostre origini.
Il sogno può essere letto come un possibile richiamo alla sognatrice, ma anche a chi ha orecchie per sentire, di non lasciare abbandonato a se stesso l'inconscio dato che il rischio è quello di venire "divorati" proprio dall'inconscietà.
B., persona dalla coscienza evoluta, sì, ma anche donna con il tipico orrore del suo sesso verso l'animale in questione (musofobìa), mi ha confessato che, accortasi di "ospitare" un topolino a casa sua, ha lavorato di ingegno costruendosi un'esca per liberarsi di tale ospite.
La gioia, nel preparare l'esca¸ che le ha permesso di tuffarsi per un attimo nel rapporto cacciatore-preda, è stata pari al successo che il piano ha avuto.
Se ci abituiamo a leggere la vita concreta come un sogno, capiamo anche la gioia di B. per aver catturato il topo, quindi per aver simbolicamente neutralizzato l'inconscietà, per aver catturato il "roditore" di sogni.
Non sarà un caso se nel periodo in cui cerco di scrivere la scheda sul topo, un topo reale è stato visto nel giardino della casa dove abito: che sia tempo anche per me, sulle orme di B., di ingegnarmi e creare la nuova trappola contro i nemici dei sogni?
Me lo auguro!
Colonna sonora
Alla Fiera Dell'Est - Branduardi
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò
E venne il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il cane, che morse il gatto, che si mangiò il topo
Che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il bastone, che picchiò il cane, che morse il gatto
Che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il fuoco, che bruciò il bastone, che picchiò il cane
Che morse il gatto, che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne l'acqua, che spense il fuoco, che bruciò il bastone, che picchiò il cane
Che morse il gatto, che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il toro, che bevve l'acqua, che spense il fuoco
Che bruciò il bastone, che picchiò il cane
Che morse il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E venne il macellaio, che uccise il toro, che bevve l'acqua
Che spense il fuoco, che bruciò il bastone, che picchiò il cane
Che morse il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò
E l'angelo della morte, sul macellaio, che uccise il toro, che bevve l'acqua
Che spense il fuoco, che bruciò il bastone, che picchiò il cane
Che morse il gatto, che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
E infine il Signore, sull'angelo della morte, sul macellaio
Che uccise il toro, che bevve l'acqua, che spense il fuoco
Che bruciò il bastone, che picchiò il cane, che morse il gatto
Che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò
E infine il Signore, sull'angelo della morte, sul macellaio
Che uccise il toro, che bevve l'acqua, che spense il fuoco
Che bruciò il bastone, che picchiò il cane, che morse il gatto
Che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò
Alla fiera dell'est, per due soldi, un topolino mio padre comprò
Compositori: Angelo Branduardi
Topina
canta ai piccini la sua canzoncina,
taglia il formaggio per la colazione,
li manda a scuola con un bacione.
I topolini che faran mai
dentro alla scuola sempre nei guai,
fanno i dispetti agli amici fra i banchi,
scherzano e ridon finché son stanchi.
Tornano a casa i tre fratellini,
sono affamati questi topini.
Cenare insieme è sempre una gioia,
Quando all'improvviso si bruciò la coda
Mise una pomata, la fasciò bene
E per un pochino la fece riposare
E per un pochino la fece riposare
Lero lero lero
Lero lero
La vecchia topina no, non sa stirar
Il tempio dei topi!
Poesia
Umberto Bellintani - SONO UN TOPO DI CAMPAGNA - Voce: Karl Esse
citazioni sul topo (aforisticamente)
Spero soltanto che non ci si dimentichi di una cosa. Che tutto è cominciato da un topo.
(Walt Disney)
Topolino è l’archetipo dell’eroe: anche se soltanto un topo, in lui vi sono salvezza e forza, ammonimento e rassicurazione: anche un piccolo essere può diventare eroe.
(Fabio Antonini)
Topolino è bambino e adulto, animale e uomo, istinto e ragione, eroe e casalingo.
(Fabio Antonini)
Cartoni animati con un topo? Che idea orribile: terrorizzerà tutte le donne incinte.
(Louis B. Mayer, capo della MGM, rifiutando il personaggio di Topolino, 1928)
C’è sempre un topo ribelle che osa ballare quando il gatto c’è.
(Fabrizio Caramagna)
Questo sono io. È ovvio che dovrei riconsiderare la mia esistenza. Il mio problema? Innanzitutto sono un topo… il che significa che la vita è dura… e poi ho un senso del gusto e dell’olfatto altamente sviluppati. Che c’è di male avere dei sensi sviluppati?
(Dal cartone animato Ratatuoille)
Ero molto orgoglioso del mio dono… finché papà non mi assegnò un compito… esatto, fiuta-veleni. […] Se è vero che noi siamo ciò che mangiamo, io volevo mangiare solo roba genuina ma per mio padre “Il cibo è carburante: se fai lo schizzinoso su quello che metti nel serbatoio finirai a secco, quindi mangia la tua spazzatura”.
(Dal cartone animato Ratatuoille)
Non è vero quel proverbio che afferma: “Per ogni gatto che ride c’è almeno un topo che prega”. Non al cinema almeno, sennò non si spiegherebbero i tanti topi, topini e ratti che da anni, e sempre con maggiore frequenza, popolano ottimisticamente il grande e il piccolo schermo. Nessun topo è stato mai mangiato, anzi il più delle volte è il gatto o il cacciatore di turno a finire male.
(Anonimo)
Animale da sempre “domestico”, il topo, da millenni, è stato visto dall’uomo come presenza estranea e inquietante.
(Francesco Santoianni)
I ratti. L’aspetto contribuisce a renderli disgustosi: la coda nuda e le zampe rosa non sono attraenti.
(Caterina Gromis di Trana)
Non si può dormire con un topo in camera.
(Proverbio)
Il topo non è inquietante per la forma quanto per le movenze.
Il topo, quando si muove, cerca di sottrarsi più presto che può alla strada e alla luce; è come se strisciasse veloce cercando sempre un buco nel muro dove infilarcisi e sparire, e quel buco è la porta dell’abisso.
E se ti avvicini con l’orecchio senti dei frusci e degli squittii che paiono uscire da un altro mondo, e dentro di te vibra un arcaico sentimento di paura.
(Fabrizio Caramagna)
Anche col topo, quando è solo,
puoi in qualche modo confrontarti,
prendere le misure; se resti calmo,
addirittura acclimatarti.
Ma quando quello irrompe
a schiera e si fa massa,
schifo e terrore occludono
il cervello, come un’opaca glassa.
(Franco Marcoaldi)
Le donne hanno paura dei topi e degli omicidi, e di molto poco in mezzo.
(Mignon McLaughlin)
C’è caso che Dio sia un topo
E che scappi a nascondersi appena arriviamo.
E c’è caso che invece sia la vecchia ciabatta
Rosicchiata e consunta. Non possiamo sapere.
(Natalia Ginzburg)
Il libro su cui fu vergata l’intera scienza libraria invocava soccorso per non essere roso dal topo. Il topo se la rise.
(Leon Battista Alberti)
Ipernutriti da una società fondata sullo spreco, protetti in tiepide e sterminate fogne, i topi si sono insediati nel cuore di tutte le metropoli.
(Francesco Santoianni)
Nel momento in cui la Tecnica sembra aver trionfato sulla Natura imponendole le sue leggi, quest’ultima invia nelle roccaforti della civiltà un esercito di guastatori, una schiera di creature perfette: i topi.
(Francesco Santoianni)
Anche ai vecchi topi piace il lardo giovane.
(Proverbio)
La gran parte dei proverbi sui topi è un inno alla sua scaltrezza, e gli aneddoti sulle risorse di questi animali sono infiniti: topi che abbandonano un edificio prima del suo crollo, che scappano dalle tane all’avvicinarsi di un terremoto, ma soprattutto topi che saccheggiano le dispense più impenetrabili.
(Francesco Santoianni)
Quando la nave affonda, i topi scappano.
(Proverbio)
In una nave che affonda gl’intellettuali sono i primi a fuggire subito dopo i topi e molto prima delle puttane.
(Vladimir Majakovskij)
Quel che la formica ammassa in un anno il topo se lo mangia in un giorno.
(Proverbio)
I ratti si sono inventati di tutto: sono capaci di passare attraverso aperture poco più grandi di una moneta, di cadere dal quarto piano senza farsi male, di aprirsi varchi attraverso muri di qualsiasi spessore e materiale, compreso il cemento armato.
(Caterina Gromis di Trana)
Se vengono sciacquati dallo scarico di un gabinetto non si mortificano, anzi ne approfittano per invadere altri appartamenti attraverso la via delle fogne, in cui sguazzano perfettamente a loro agio.
(Caterina Gromis di Trana)
Ci seguono come fanno le remore con gli squali, come le mosche cavalline con gli equini, ma loro, i ratti delle chiaviche, sembrano talmente più robusti di noi da far davvero pensare che saranno i prescelti per sostituirci nel momento estremo della nostra estinzione.
(Caterina Gromis di Trana)
Nella Bibbia il topo non è citato nemmeno una volta.
(Francesco Santoianni)
Che c’è di stupefacente nel fatto che i topi ti abbiano mangiato le scarpe. Stupefacente sarebbe stato se le scarpe avessero mangiato i topi.
(Catone)
Il rumore prodotto dal cuore, è molto simile a quello dei topi che scavano in soffitta, cercando di farsi strada dove non dovrebbero.
(wzgore, Twitter)
Il matrimonio è come una trappola di topi; quelli che son dentro vorrebbero uscirne, e gli altri ci girano attorno per entrarvi.
(Giovanni Verga)
I topi si possono accoppiare anche già dopo cinque settimane di vita. Si riproducono in 21 giorni. Una coppia di topi può generare in nove anni due milioni e 197mila tra figli e figli dei figli.
(Francesco Santoianni)
Ii topi più apprezzati dalle femmine, e quindi i più prolifici, sono quelli che stanno a contatto con i gatti. Perché basta l’odore di un felino a renderli più coraggiosi, e perciò apprezzati dalle topoline
(Francesco Santoianni)
L’uomo ha inventato la bomba atomica, ma non esiste topo al mondo che inventerebbe la trappola per topi.
(Albert Einstein)
A Roma i gatti sono spariti. Li hanno tutti sterilizzati, e mentre i topi proliferano i gatti ingrassano e invecchiano e se ne vanno per eutanasia. Si vedono ancora cinque o sei gatti obesi, rincorsi da gattare con sporte di cibo, e annullati sotto il sole di Torre Argentina. E poi ci sono gatti deliziosi in ogni appartamento, ben pettinati, gatti da salotto con divani tutti per loro, o cucce pelose, ciotole piene, gli butti il prosciutto crudo sotto il tavolo e lo scansano. Gatti indisposti alla lotta.
(Mattia Feltri)
Il gatto coi guanti non acchiappa topi.
(Benjamin Franklin)
Il gatto timido fa il topo coraggioso.
(Proverbio scozzese)
Non importa che un gatto sia bianco o bigio, purché serva ad acchiappare i topi.
(Proverbio Cinese)
Quando i topi infestano il palazzo, il gatto più lento è meglio del più veloce cavallo. (Proverbio Giapponese)
Il topo non va al mercato dei gatti.
(Proverbio africano)
Quando il gatto è sazio dice che il sedere del topo puzza.
(Proverbio africano)
Quando il gatto non c’è i topi ballano.
(Proverbio)
Certi ratti riuscivano a mangiare pezzi di carne appesi ai ganci di un soffitto in un impianto di imballaggio di New York. Un derattizzatore, spiandoli di notte, ha capito come: si mettevano l’uno sull’altro formando una piramide. Uno saliva in cima e saltava sulla carne, scavandosi una galleria a morsi finché il pezzo cadeva a terra. E gli altri lo divoravano
(Bill Bryson)
Si riproducono più facilmente, trovano sempre più cibo e spesso riescono a resistere persino ai veleni di ultima generazione: signori, il super-ratto è servito.
(Carlo Grande)
Il topo: capace di ispirarci le verità più sublimi, riesce allo stesso tempo a rifletterci la nostra realtà più desolante e umiliante.
(Michel Dansel)
Nessun altro animale del creato è più prossimo a noi del topo, e la società dei topi è il calco della società degli uomini.
(Michel Dansel)
Ci sono i ratti di città i quali, quando scoprono cibi avvelenati, sparsi espressamente dall’uomo, vi fanno sopra i loro bisogni, per avvertire i compagni meno sagaci.
(Hans Ruesch)
Pensa a quanto è saggio un topolino: non affida mai la sua vita a un solo buco.
(Tito Maccio Plauto)
Quando guardo mangiare il topo mentre lo osservo tenere tra le zampette il cibo che rosicchia, mentre gli occhi lucenti guizzano di qua e di là per scoprire eventuali pericoli, riesco facilmente a vedere me stesso.
(Jeffrey Moussaieff Masson)
Due topolini caddero in un secchio pieno di panna; il primo topolino si arrese subito e annegò, il secondo topolino non voleva mollare si sforzò a tal punto che alla fine trasformò quella panna in burro, e riuscì a saltar fuori; signori da questo momento io sono quel secondo topolino.
(Dal film Prova a prendermi)
Fino a qualche anno fa a Milano girava per le case l’«uomo dei topi». In cantina emetteva dei gridolini obliqui e i topi gli rispondevano gioiosi, accorrevano e, trovatisi prigionieri in grandi trappole, venivano poi affogati. I dittatori hanno questo tragico fascino.
(Fausto Melotti)
State calmi, state calmi
non c’è nulla di tragico
basta chiamare il pifferaio magico
(Fratelli Grimm)
Il pifferaio iniziò a suonare. I topi, sentendo la sua musica, venivano fuori dalle case e lo seguivano incantati. Il pifferaio, sempre suonando, condusse i topi verso il fiume e scese in acqua. I topi erano talmente incantati da dimenticare di non saper nuotare…e morirono tutti annegati.
(Fratelli Grimm)
Tutti hanno con i ratti un atteggiamento poco benevolo. Ben altro succede con i topini di campagna, le arvicole, i moscardini, che possono ispirare sentimenti affettuosi, pur essendo topi anche loro: i ratti, giammai.
(Caterina Gromis di Trana)
Parlar bene dei topi è un po’ come dir male di Garibaldi. Si corrono rischi.
(Danilo Mainardi)
I topolini delle case – lasciatelo dire a uno che ne ha conosciuti e frequentati tanti – sono animali deliziosi. Belli e intelligenti. Eppure è così forte in noi l’istinto (o la cultura) a eliminarli al primo apparire, che mai da noi qualcuno ha pensato di trarne una razza domestica. Se non, ma questa è un’altra storia, per farne animali da laboratorio.
(Danilo Mainardi)
Il topo è un animale difficile, intelligente, sociale, opportunista. Si adatta, facilmente, è un animale che non è mai stato molto popolare. Infatti, quando c’è una disinfestazione, la chiamano senza tanti scrupoli “derattizzazione”, mentre se devono intervenire ad esempio sui colombi parlano di “specie problematiche”, un eufemismo.
(Danilo Mainardi)
In facoltà, avevo un topolino salvato da un laboratorio e anche lui si stirava con quelle sue zampette minute, sbadigliava della grossa e iniziava a sognare di trigonometria, degli anelli di Saturno o qualsiasi cosa sognino i topolini.
(Neal Barnard)
Ratti e topi non sono considerati in generale animali di compagnia ma animali nocivi, e ci sono quindi poche persone che si diano la pena di difenderli. Eppure il dolore che prova un ratto o un topo è altrettanto reale di quello provato da uno dei nostri amici a quattro zampe. Nei laboratori essi soffrono, come ben sa chiunque li abbia sentiti lamentarsi, piangere, uggiolare e persino gridare. Gli scienziati dissimulano su tutto questo, sostenendo che i loro animali sperimentali stanno semplicemente vocalizzando. (Quando gli elefanti piangono.
(Jeffrey Moussaieff Masson)
Pensiero di un topo: − I pipistrelli sono gli angeli della nostra specie.
(Alfonso Hernández Catá)
Un solo granello di feci di topo può rovinare un’intera padella di riso.
(Proverbio cinese)
Un topo che vuole ingannare il gatto non fa capolino dalla sua tana ogni volta che ne sente la voglia.
(Arthur Golden)
In sogno i topi bastonano i gatti.
(Proverbio)
Il topo in trappola fa un buon pasto e una cattiva digestione.
(Proverbio)
Narra la leggenda che il Buddha volle chiamare intorno a sé tutti gli animali della creazione, promettendo loro una ricompensa proporzionale alla sua onnipotente e miracolosa mansuetudine. Poiché la mente degli animali erano ottenebrata dalle preoccupazioni del momento, quasi tutti ricusarono l’invito del divino Maestro. Solo dodici animali si presentarono e il primo a comparire fu il topo. Per ringraziare le dodici bestie convenute, il Buddha offrì a ciascuna di esse un anno.
(Francesco Santoianni)
Il primo fu l’anno del topo, che si si sarebbe ripetuto ogni dodici anni per venticinque secoli, imprimendo negli “uomini topo” astuzia, spiccata intelligenza, genio inventivo, emotività, prudenza alternata a fiducia – forse eccessiva – in sé, gelosia, grande sessualità, golosità, taccagneria alternata a momenti di spreco, distruttività, intuito.
(Francesco Santoianni)
Guardatemi dai sorci or che son unto.
(Pietro Aretino, Ultime parole prima di morire)