Scrivere di sé: Cannibalismo o cura?
Racconto: Cinquanta sfumature di morte
Un giorno, Anita anima mite, scrisse un racconto dove per cause varie lui finì con il morire.
Lui, era il suo amatissimo fidanzato. La cosa le piacque. A lui no. Si lasciarono e lei scrisse un altro racconto dove caso volle, lo fece morire un'altra volta. La cosa le piacque tantissimo.
Il primo racconto che scrisse fu questo: Lui era un bravo dottore e per salvare il suo paziente psicopatico si beccò due pallottole da un sicario malavitoso. Insomma, lo fece morire come un martire, con le donne che amava al suo capezzale e tutti che piangevano attorno. C'era da dire che se non gli avessero sparato sarebbe morto lo stesso, perché soffriva di cuore, e un attacco di cuore prima o poi Anita glielo avrebbe fatto venire. Però, doveva anche aggiungere che quel dottore le stava simpatico, era una sua creatura, allora succedeva che se gli avesse fatto un torto, poi lo avrebbe salvato sempre, esaltandolo sempre di più a salvatore della patria. Era un ibrido il suo dottoruccio, con le fattezze del suo fidanzato e l’anima di lei. Insopportabile, ma grande uomo! Quando morì, osservò il lutto, da quel lutto nacque il bisogno di lasciare anche l'originale, già che c'era. Siccome, però, il sentimento non le era scomparso ancora e il racconto era terminato senza rendersene conto scrisse un secondo racconto, che finì ugualmente con la sua morte. Fu un lutto più breve.
Breve, ma intenso, come l’idea di commemorare ogni mese la sua simbolica dipartita scritta.
Non era matta era solo innamorata e quel giorno in cui lei lo lasciò, doveva essere ricordato ancora e ancora fino a che giungesse la fine (vera).
Inutile aggiungere anche che ogni racconto veniva immediatamente inviato alla sua e-mail.
Poi ci fu la terza, del primo mese che si lasciarono, anche questa significativa perché diede il via alle altre morti successive. Questa era naif ed era concentrata sulla magia. In pratica, una strega bellissima s'innamorò di lui, un aitante principe nero. Ma lui come al solito fece il cretino e lei si arrabbiò, maledicendolo, la strega che per inciso era lei, si arrabbiò così tanto che lo trasformò in una palla da calcio. Sì, la palla da calcio della sua squadra del cuore. Sembrava una cosa bella per un appassionato e invece no! Perché era una palla sfigata, che faceva perdere e infortunare i giocatori della sua squadra. Quindi non solo nessuno lo voleva come palla, ma ben presto iniziarono a fargli dispetti di ogni genere, e lui stava male, fino al tragico evento in cui il suo allenatore, che nel racconto era Del Piero, lo prese a coltellate. Poi ricomparve la strega (lei) e presa la sua gomma bucherellata gli diede di nuovo vita. Successe, che lui cercò di rimbalzare via da quel triste destino, ma la strega glielo impedì ogni volta. Finché un tifoso, a fine di quel campionato, se lo rubò e lo incorniciò così morto e bucherellato e lui visse a casa di una coppia di interisti\Milanisti che vinsero il campionato (il Milan), a discapito della Juventus che, per colpa del pallone maledetto, avevano perso. A ogni festa che davano portavano il quadro del pallone maledetto come trofeo. Un po' alle feste milaniste e un po' alle feste interiste (arrivati secondi in campionato).
Il giorno dopo che gli inviò il racconto, la maledisse in 29 lingue differenti, ma gli portò male perché la Juve perse quella settimana. Lei gli fece lo schizzo del quadro con lui e il pallone con tanto di squarci sanguinolenti. Non rispose più da quella volta. Lei festeggiò. Il giorno dopo lo vide (casualmente) con una bionda e lì ebbe un'altra idea sul suo prossimo assassinio.
E ci fu un quarto, quinto e anche sesto e un settimo racconto, perché non era solo un racconto, ma un racconto a simposio, dove analizzava le sue tragedie amatorie in quattro salse diverse. La bionda Alessia, che da ubriaco pensava una venere nera, poi scoprì essere Alex ‘il vichingo', che lo prese e lo fece sedere sulle sue gambe pelose, prima gli raccontò tutta la sua vita e poi pretese che lui gli facesse da mamma maniaca. La Mora Alicia che aveva il marito pazzo, scopertolo con la moglie, lo legò al letto e gli fece rivivere la scena cult da Shining a Non Aprite Quella Porta. La rossa Sandra che aveva sdoppiamenti di personalità e quasi tutti molto pericolosi. Un minuto era Hitler e un secondo dopo Cicciolina. In tutti e tre i casi il suo ex fidanzato moriva concludendo con un niente di fatto. Se non nel settimo come postilla conclusiva. In cui faceva sesso con la spregiudicata Veronica, conosciuta online su Facebook, s'incontrarono e dopo una velocissima cena, fecero sesso, e in quel frangente lei gli attaccò l'AIDS e così morì solo e dimenticato da tutti in un letto di ospedale. Dopo questo simposio in quattro atti, la bloccò su tutti i suoi canali, da Facebook a Twitter. Poco male aveva, comunque, ancora la sua password e zitta e mosca controllava tutto e qualche volta aggiustava un po' delle sue cose. Ovviamente, essendo un maschio, non si accorse mai, che dietro quei presunti sbagli (tipo messaggi cancellati, amicizie tolte e utenti de-followati) c'era lei.
Non paga, prese a stalkerarlo e questo gli fece venire in mente un altro paio di racconti, dove lui da carnefice diventava vittima. Ben presto, finiva che veniva inseguito, da una ventina di fidanzate che lo volevano per poi tagliarlo a pezzi. In un angolo la mano, poi in un altro un braccio, la gamba, i capelli, gli occhi, lei fu l'ultima e si prese il cuore, che tutte avevano schifato. Tutte tranne lei.
Non voleva che tornasse, non voleva farlo tornare, quindi s'inventò un thriller psicologico dove lui veniva congelato e quando veniva scongelato, si ritrovava in un mondo di robot. Allora si dava alla resistenza, di pochi umani, ma veniva venduto ai nemici ‘Macchine' per compromesso da uno di loro (Lei). Alla fine del racconto, loro ebbero il loro pezzo di terra e la vita, lui morì, perché nel frattempo si era fidanzata con il ‘Re macchina' (dalle sembianze umane) e aveva deciso che lui era un traditore e doveva morire. Se lo meritava, perché nella realtà le aveva rigato la macchina e nel racconto aveva rubato dei progetti, per costruire robot e darsi al Robottinaggio clandestino. Insomma, non se fa. Non se fa. Manco chiamare alle 3:00 di mattina e riattaccare si fa.
Poi, un giorno, si incontrano per strada, così per caso. Lei usciva dalla sua banca e lui vi entrava con la sua meravigliosa ventiquattrore di pelle marrone. Amava quella borsa, aveva sognato tante volte di annusarla. E dopo la rottura altrettante volte di tagliarla, con un grido liberatorio. La portava con disinvoltura sulla sua bella spalla ampia. Amava anche quella spalla, quando ci appoggiava la testa o la faccia poi respirava il suo odore, il suo profumo buono. Su quella spalla il mondo non le faceva più paura. Oh, quante volte gliela fece rompere lo sa solo Dio, una volta gliela fece staccare a morsi da una licantropa di nome Oana. Ebbene sì, era il periodo di Twilight.
Be’, uno davanti all'altra, era strano, lui la guardò sorpreso e abbassò per un attimo lo sguardo, quando faceva così era emozionato. Poi riprese lo sguardo beffardo da Jack lo squartatore, e lei quello della principessa scesa in paese per pietà e misericordia. Cercò inoltre di cimentarsi in una battuta arcigna, ma balbettò confusamente, e lui rise. Non di lei, lui si divertiva sempre a farle perdere l'autocontrollo, era come rivedere una scena che tempo fa lo divertiva.
Rossa in viso, se ne andò e quella notte sognò un atto erotico su di lui. Era troppo, scrisse un racconto alla Misery di Stephen King. Solo più lussurioso e per finale, la sua morte. Iniziava dalla sua spalla con i morsi e poi finiva con il cavallo da battaglia in puro stile Lorena Bobbit. Nel racconto iniziava gridando un "uhh" e finiva con un "AHH" BEN FATTO SIA. Ma non si sentì meglio, non riusciva a far tacere quella risata nella sua testa, nemmeno con un altro racconto in cui lui si inghiottiva la lingua e poi soffocando moriva.
Decise quindi che lui non esisteva. Altro che morte, la trasparenza in persona. L'indifferenza per eccellenza. Non s’erano amati e nemmeno mai conosciuti. Per battezzare la sua idea scrisse un racconto in cui si risvegliava una mattina e si ritrovava da solo, con nessuno che conoscesse, una cosa tristissima, continuò per un po' a vagare, fin quando decise di riconquistare la sua vita. Iniziando da lei. Ovvio, che ve lo state ancora a chiedere? Solo lei era l'amore della sua vita. Solo che lei non lo volevo, quindi nel racconto non lo riconosceva e lo rifiutava perché innamoratissima di un certo principe Blu cielo. Lui allora sfidò il principe, che non era un codardo come in Shrek, ma un vero principe Blu, blu mica stinto all'azzurro. Lo disfò in due secondi. Ma siccome era buono non lo uccise e lo gettò nelle segrete per un po', finché non rinsavì e poi ricominciò lontano, lontano, lontano da lei, per condurre la sua vita da solo.
Glielo inviò come da copione e lui la chiamò e le disse urlando così: «SEI PAZZA, SEI PAZZA, PAZZA, PAZZA, PAZZA, PAZZA, PAZZA, PAZZA, PAZZA, PAZZA, PAZZA, PAZZA!»
Inutile dirvi che in quel frangente lo uccise immediatamente, appena riattaccò e smise di piangere.
Andò nelle segrete e gli cavò il cuore, poi gli occhi e gli mozzò la lingua e non solo, bevve pure il suo sangue e mangiò il suo cervello e gli rubò la borsa, la regalò al suo principe Blu cielo. Quella borsa le era costata un capitale, non doveva avercela più lui.
Quella notte sognò di morire lei, e non solo quella notte, in tante notti successive, morì lei al suo posto.
Non si arrese, perché non si fa! Una persona, una cosa, una frase ha potere solo se glielo dai, quindi lei dovevo negargli quel potere. Sottrarglielo e nasconderlo, affinché lui non lo trovasse più e lei potesse rinascere.
Dunque, scrivere era una cosa, ma mettere in pratica un'altra.
Decise di procedere per gradi, tipo quando lui era al parco si travestì, e sulla bici (non sua,) lo superò e nel superarlo gli diede un calcio e lo fece cadere. Lui cadde davvero, lei pure, perché per guardarlo non vide un albero e bang! Piede ingessato.
Allora un pochino nervosa decise di umiliarlo davanti alla sua ragazza di turno.
Lo stalkerizzò e quando si presentò all'appuntamento assieme a loro, li guardò e rimase senza parole. Era da una vita che non metteva la camicia che gli aveva regalato. Non ricordava quanto gli stesse bene. Corse via senza salutare o parlare, lei e il suo piede rotto corsero al bar per bere via la vigliaccheria. Ma la sfortuna le venne in aiuto e la bionda Barbie di lui si sedette al bar vicino a lei. Molto vicino, praticamente incollata. La guardò con l'espressione da: “che cavolo vuoi”, ma poi prese respiro per inventare una qualsiasi cattiveria su di lui, ma dato che non gliene venivano, iniziò a inventare. Le disse: «Lui è gay, io lo so perché ero la sua ex ragazza. Ma non una ragazza qualsiasi o solo fissa, io ero la sua FIDANZATA! QUEL FALSISSIMO GAY! NO, CIOÈ ETERO, quel falsissimo etero che è gay mi ha chiesto di sposarlo!» Anche in modo favoloso, aggiunse nella sua testa, con un bruttissimo schiocco alla coscienza.
Lei che fece? La baciò. Che schifo... ma anche no! Su via ammettiamolo, baciava bene, bene, bene, comunque, si tirò indietro e cadde dalla sedia. Lui arrivò (sempre sul più bello, tanto per cambiare) e si mise a ridere e le presentò sua cugina Esmeraldo o Esmeralda. Boh, insomma, Esme! A quel punto, Anita si ritirò alla bene e meglio, prima che il "coso" gli raccontasse la sua piccola verità fantasiosa. La voce di lui le arrivò, mentre metteva in moto la macchina. Scappò via e per un po' non si fece più vedere.
Non sentì neanche il bisogno di ucciderlo per iscritto, voleva fargli male veramente.
Di persona, però, non ci sarebbe mai riuscita, ne era consapevole anche se non ne capiva la ragione.
Le venne in mente una cattiveria che un tempo lui fece a sua sorella, che tanto cattiveria non era, ma sua sorella l'aveva presa male e non aveva mai saputo chi fosse stato. Be’, il giorno dopo, bevendo il caffè con lei gli raccontò di come lui l'avesse fatta lasciare con quel poco di buono del suo ex ragazzo. In verità non sapeva quante volte ex, Anita aveva perso il conto e lei pure. Solo che non si era resa conto che doveva essere sotto ciclo, aveva una forza bestiale in quelle braccine sottili. L’afferrò con una mano e con l'altra sbraitò al telefono, dopo dieci minuti di terrore, lui accorse dalla sorella che appena lo ebbe visto, gli lanciò urlando la sua borsa addosso. Poi prese una sedia e fece l'atto di tirarla, al che Anita si mise in mezzo per impedirglielo, tanto che la seggiola la prese in testa lei. Svenne e la sorella di lui si calmò all’istante per ricominciare a piagnucolare di averla uccisa. Non ci riuscì, maledetta, Anita si svegliò al pronto soccorso, con lui seduto accanto al suo letto che la fissava preoccupato. Aveva gli occhi di una persona che non dormiva da ore e lo sguardo interrogativo, come a domandare che cavolo stessero combinando. Ed Anita a degli occhi così, cosa avrebbe mai dovuto rispondere? Lui si avvicinò a lei e le mise una mano sulla testa, come faceva sempre... ma prima che lui potesse parlare, lei disse che doveva far pipì. Era stata molto infantile, lo sapeva, ma non avrebbe sopportato ancora quegli occhi e quello sguardo che gli stavano raggiungendo il cuore. Ma fra il piede ingessato e il pigiama, lui arrivò prima di lei a casa di lei e se lo ritrovò davanti al portone. Era seduto sui gradini e la fissava. E lei non respirava perché era in preda all'emozione, quando, a quella pazza del secondo piano, non cadde di mano il vaso di gerani. Anita gridando di paura, nel tentativo di salvarlo, cadde addosso a lui, riuscendo a spostarlo ed evitando il vaso, che cascò in terra frantumandosi in mille pezzi. I cocci li graffiarono, ma almeno lui era sano e salvo.
Gli aveva salvato la vita, lei che per un’infinità di volte gliela aveva tolta. Rimase senza parole scioccata da sé stessa, lo guardò confusa... allora lui la baciò, mettendole le mani sul viso, come se avesse avuto paura che scappasse ancora via. Ma non sarebbe scappata, dopo quel bacio ritrovato non avrebbe più potuto scappare nemmeno se avesse voluto.
Gianni le disse: «Ti prometto che prima o poi ci riuscirai a farmi morire, ma prima voglio invecchiare con te, pazza isterica assassina, voglio saziarmi di te ogni giorno. Sono già morto ogni giorno che siamo stati lontani, ma adesso tu, mi hai riportato in vita»
«Tu mi hai trattato male...» iniziò non convincendo nemmeno sé stessa.
«Sono stato anch'io un pazzo sclerato assassino del nostro rapporto, ma voglio poter ricominciare. Poi se decidessi che non ne vale più la pena, potresti farmi morire per sempre... lasciandomi di nuovo. Dimmi, vuoi salvarmi la vita o vuoi togliermela?»
Aveva preso le sue mani e la stava guardando con due occhioni inquietanti e bellissimi e che ve lo-dico-a-fare, gli salvò la vita e la raddoppiò quando diede alla luce la loro piccola.
Di racconti non ne scrisse più, ma un coccio del vaso fu salvato a memoria di quando, alla cinquantunesima volta, invece di ucciderlo, lo salvò!
Questo racconto ci porta alcune domande: La prime è fa bene scrivere del proprio dolore e la seconda è se è giusto mettere in piazza i propri fatti.
La risposta alla prima domanda è sì, scrivere può essere un valido strumento per elaborare il dolore e promuovere il benessere emotivo. La scrittura espressiva, in particolare, permette di dare voce a emozioni e pensieri, favorendo la loro elaborazione e riducendo lo stress. Studi scientifici, come quelli del dottor James Pennebaker, hanno dimostrato che scrivere del dolore può aiutare a guarire le ferite psicologiche e persino a migliorare il recupero fisico.
Ecco alcuni modi in cui la scrittura può aiutare a gestire il dolore:
Elaborazione delle emozioni:
La scrittura permette di dare un nome e un senso alle emozioni complesse, come il dolore per una perdita, e di affrontarle in modo più consapevole. .
Riduzione dello stress:
Esprimere le proprie emozioni attraverso la scrittura può ridurre lo stress e la tensione emotiva, favorendo un senso di calma e benessere.
Processo di guarigione:
La scrittura può aiutare a elaborare traumi e lutti, portando a una maggiore accettazione della situazione e a un processo di guarigione più efficace.
Autocomprensione:
Attraverso la scrittura, è possibile esplorare i propri lati nascosti, comprendere meglio se stessi e il proprio dolore, e trovare nuove risorse per affrontare le difficoltà.
Creazione di significato:
La scrittura può aiutare a trovare un significato nelle esperienze dolorose, trasformando la sofferenza in un'opportunità di crescita personale.
In sintesi, la scrittura può essere un potente strumento terapeutico per lenire il dolore e promuovere il benessere psicologico. Non è necessario essere scrittori esperti per trarre beneficio dalla scrittura, l'importante è trovare uno spazio sicuro e privato dove esprimere liberamente i propri pensieri e sentimenti.
La seconda risposta è dipende! La scrittura di sé diventa tossica e alcune volte illegale se parlando di chi ci sta vicino viene disegnato in un modo che alla persona non piace o lede i suoi sentimenti. Diventa illecito divulgare non solo dati sensibili ma anche informazioni altrui riservate. La legge della privacy è uno schiaccia sassi se non si conosce bene. E poi scrivere di sé e avere successo può portare ad un comportamento narcisistico che tende sempre più a mangiare un po' di sé. Con mangiare un po' di sé intendo la necessità di esporsi e rivelare aspetti della propria personalità o esperienza, oppure al consumo di tempo ed energie, o ancora all'impatto emotivo che la scrittura può avere su di noi e su che ci circonda.
Colonna sonora
Ho urlato così tanto che mi scoppia la testa
e quindi te ne sei andata subito
mi esce un po' di sangue dalla mano destra
c'è il segno lì sul muro pensa te che stupido
o ti amo o ti ammazzo
pioggia che annega ma rinfresca
sei una chicca che mi fotte la testa
o ti amo o ti ammazzo il tuo ragazzo è pazzo
o parliamo o ci pestiamo scegli uno
o ti amo o ti ammazzo ti amo ti ammazzo
comunque qua in mezzo non capisco più
un calcio al muro sbatti la porta via dai miei pensieri
butto la borsa dalla finestra
come zarri veri grida grida
fino che un ghisa chiama i carabinieri
non sei la stessa tipa con cui ho dormito ieri
cos'hai sei annoiata hai la luna girata
io inizio giornata non voglio nessuna menata
femmina fino in fondo tu hai il problema io sono lo stronzo
mi dico che non ti ho dentro mento e penso
o ti amo o ti ammazzo
pioggia che annega ma rinfresca
sei una chicca che mi fotte la testa
o ti amo o ti ammazzo il tuo ragazzo è pazzo
parliamo o ci pestiamo scegli uno
o ti amo o ti ammazzo
pioggia che annega ma rinfresca
sei una chicca che mi fotte la testa o ti amo o ti ammazzo il tuo ragazzo è pazzo
non sa più quello che fa ma tu
la mia preferita per sempre resterai
però mia amica non lo saresti mai
noi non vogliamo saluti o auguri un altro numero in rubrica
noi vogliamo la carne le labbra
poi sento le chiavi nella serratura
e mi rassegno al fatto che io in questa vita
o ti amo o ti ammazzo
pioggia che annega ma rinfresca
sei una chicca che mi fotte la testa
o ti amo o ti ammazzo il tuo ragazzo è pazzo
parliamo o ci pestiamo scegli uno
o ti amo o ti ammazzo
pioggia che annega ma rinfresca
sei una chicca che mi fotte la testa
o ti amo o ti ammazzo il tuo ragazzo è pazzo
ti amo ti ammazzo
ti amo ti ammazzo
comunque qua in mezzo non capisco più
perché non è finita ancora
non è finita
Film completo
Il mio ideale sarebbe stato: Vero come la finzione ma non l'ho trovato neanche a pagamento!
Allora ho scelto: Big Fish - Le storie di una vita incredibile
Audiolibro
Poesia
Io non ti dimentico ti occulto.
Ti occulto per respirare e scrivo di te.
Scrivo di te per non dimenticare quella me che ti apparteneva.
Potresti almeno esserci e smettere di mancarmi.
Vedi tu di quale morte devi farmi morire.