🎶La metamorfosi di kafka ai nostri giorni.
Oggi vi condividerò un racconto che parla di una donna che partoriva gatti. Senza spoilerare il racconto dopo vi condividerò invece un articolo: La storia della donna-gatto analizzata da Franco Lolli: un paradigma di angoscia. E dopo le storie di due persone che volevano divenire Lei un gatto e Lui un cane.
Perché alcuni uomini vogliono trasformarsi in animali? Come la metamorfosi di Kafka si è avverata nei nostri giorni.
Un conto è l'immedesimarsi in un animale che amiamo particolarmente, come per me i topini. Un altro, la vera e propria trasformazione fisica.
La metamorfosi di Franz Kafka è un'allegoria dell'alienazione dell'uomo moderno nella società e nella famiglia. La trasformazione di Gregor Samsa in uno scarafaggio rappresenta l'isolamento e l'incomunicabilità del "diverso". Verso soprattutto un padre che non lo vedeva per davvero. Non si sentiva accettato. Un dolore lancinante che si è trascinato per tutta la sua vita letteraria. Ma che nella metamorfosi lo aveva trasformato in uno scarafaggio.
Da qualche tempo a questa parte, sui social è diventato virale il video di un uomo che ha speso circa due milioni di yen, pari a 13.500 euro, per avere un costume da cane iperrealistico. Si tratta di un soggetto maschile giapponese di nome Toko, che due volte al mese si trasforma in un peloso di razza Collie. Il travestimento è a dir poco sensazionale, tanto che a primo impatto può tranquillamente essere scambiato per un vero cane.Toko desiderava essere identico ad un Collie e, visti i risultati, possiamo dire che ci è riuscito. I suoi video, che lo ritraggono mentre va a spasso a quattro zampe scortato dalla sua padrona oppure mentre mangia da una ciotola, sono diventati virali e le curiosità sul suo conto sono tante. La domanda che quasi tutti si pongono, però, è una: perché alcuni uomini vogliono trasformarsi in animali?
Anche se per molti può apparire come una scelta folle, Toko non è l’unica persona ad aver scelto di somigliare ad un animale. Qualcuno ha preferito immedesimarsi in una lucertola – vi dice niente Lizard Man? – o in un gatto – conoscete Cat Man? – o perfino ad una tigre – Katzen in primis – ma il motivo che è alla base di questa scelta è quasi sempre lo stesso: una vera e propria fuga dalla realtà .
Toko, il giapponese che si traveste in Collie, vanta un account YouTube con 13.000 iscritti e video che superano i 2 milioni e mezzo di visualizzazioni. Numeri esorbitanti, che sottolineano quanto possa apparire affascinante la scelta di trasformarsi in un animale. E’ bene sottolineare che ogni persona è diversa dall’altra, motivo per cui le motivazioni che le spingono a travestimenti di questo tipo non possono considerarsi universali.
Eppure, la fuga dalla realtà sembra accomunare tutti. Secondo gli esperti, è un modo come tanti per distaccarsi dai problemi e dai tanti impegni della vita quotidiana. Un tentativo di diventare altro da sé e staccare, seppur momentaneamente, la spina.
Anche se ogni caso è a sé, la scelta di trasformarsi in un animale è identificata come una mortificazione corporea. Questo termine va ad abbracciare una serie di pratiche permanenti o temporanee, come: nuovo taglio di capelli, uso di makeup, piercing, tatuaggi e procedure chirurgiche, come l’inserimento transdermico di corna o amputazioni volontarie. Le cause, ovviamente, possono essere rintracciate soltanto da psichiatri o psicoterapeuti. Inoltre, per alcune persone potrebbe essere anche una forma di feticismo. Quest’ultimo potrebbe essere sia a scopo sessuale che puramente affettivo.
Un’ultima precisazione è d’obbligo. Anche se Toko sta facendo parecchio scalpore, la mortificazione corporea era di moda già nei primi anni del 1900, quando un uomo di nome Great Omi fece una richiesta atipica al tatuatore inglese George Burchett: voleva diventare una zebra umana. Ci riuscì e le sue immagini sono ancora oggi parecchio in voga.
Il mio pensiero è più cattivello. Essenzialmente mi fanno tristezza, mi dispiace profondamente per quelle anime spezzate e sofferenti. Ma il fatto che poi queste trasformazioni le tramutino tutti in contest mediatici, potrebbe anche essere una forma di un Io esisto e mi differenzio! Quindi in una forma egocentrismo anche talvolta veniale e perverso piuttosto che di un bisogno dell'anima o una scelta coraggiosa di libertà . E comunque rimane sempre una figliolanza del benessere e della "vizziateria", dello sfizio. Nei paesi in guerra e o nei paesi con calamità non penso che gli vengano pensieri di trasformazioni animali, penso che sopravvivere sia già tutto. Non sono fatta per capire questa forma di distruzione di sé. Siamo fatti in maniera meravigliosa, all'apice della catena eppure sogniamo di tornare indietro! Di retrocedere! Forse, è venuto il momento di chiederci perché.
Gli animali sono meravigliosi e fanno stare bene e in questo post ne parlo ma l'uomo è uomo!! Ma questo è tutto un altro post che prossimamente vi posterò.
Buona lettura, spero che il racconto vi piaccia^^
"Occhi grandi color cielo e profondi quanto il mare ma bui come la morte."
Tu che mi guardi e mi lisci le gambe, ti trovai lungo il bordo della strada. Tu, che nessun'altra voleva, solo io ti accolsi.
Mangia povera bestia che così sei troppo magra per esser amata come si deve.
"Fritshhh... Gattaccio!! Mi hai graffiato ma io ti perdono e con questo coltello ti battezzo a essere mio figlio."
Alessandra prese il coltello e con un colpo secco gli recise la coda. Il gatto impazzì di dolore ma per poco, perché lei prima di questo gli aveva fatto una puntura e il gatto era semi-drogato mentre lei lo accarezzava dondolandoselo avvolto in un panno ormai intriso di sangue. In quella stanza nessuno li poteva sentire.
Con meticolosità lavò via il sangue dal coltello e lo ripose in un angolo nascosto del giardino. Presto sarebbe arrivato Remo, suo marito e la cena andava celebrata con ogni devozione. Mise il grembiule di pizzo sangallo, regalo della nonna e canticchiando preparerò l'arrosto. Cucinò con allegria più sorridente del solito, quell'arrosto era il suo piccolo esperimento andato a male.
Il gatto mutilato, non aveva superato la notte. A volte succedeva, altre no, capitava che resistessero almeno fino alla seconda fase, l'amputazione degli artigli e la rasatura. Alla terza mai. Morivano tutti. Si vede che avevano preso dalla parte della suocera, di costituzione troppo esile. Lei no, era perfetta e presto avrebbe dato alla luce un bel gatto simile al suo Remo. Sì, sarebbe andata proprio così.
Remo rientrò stanco e umido di pioggia. Giornata pesante a lavoro e al suo rientro aveva aiutato la piccola Beth a cercare il suo gatto Marx ma senza speranza. Quante lacrime aveva versato quel bellissimo faccino tondo incorniciato da riccioli nerissimi.
Appena si levò le scarpe per mettersi le ciabatte, sua moglie Alessandra gli si materializzò davanti. Con un gran sorriso e un abbraccio tutto per lui. Di rimando Remo la strinse a sé e nel farlo avvertì un odore acre, di un corpo in putrefazione, di morte. Non vi fece troppo caso, l'igiene di Alessandra ogni tanto lasciava a desiderare e, lui era troppo delicato per farglielo notare.
Lei gli chiese come mai era in ritardo e lui rispose che aveva aiutato la piccola Beth a cercare il suo gatto. Lo sguardo della moglie non cambiò espressione ma dalle labbra sorridenti uscì un - schifosa - triturato tra i denti gialli ma ben udibile. Lui si scostò dalla moglie e chiese: “Cosa Alessandra??” lei sorrise e risposte subito: “Stavo parlando di me, non ti stavo ascoltando!” poi si sciolse dall'abbraccio e corse in cucina. Ma quella sua voce cattiva s'incastrò nella mente di Remo senza un vero motivo apparente. Alessandra in cucina invece pensava a Beth la bambina impicciona. Gli era sempre stata antipatica, il suo gatto no, quello meritava di essere partorito da lei. Ma la bambina doveva sparire perché Alessandra sentiva che avrebbe portato solo guai. Mentre chiamò suo marito per la cena, un miagolio attraversò la cucina assieme a una scia di sangue e lei a occhi sbarrati vide Marx correre verso il soggiorno in cui si era accomodato Remo. Alessandra smise di respirare, ma quando sentì che Remo era invece salito in camera, riprese fiato e corse per far uscir il gatto, più velocemente possibile. Poi prese il coltello e si ferì un dito per giustificare la scia che aveva lasciato il gatto.
L'urlo arrivò fin in camera da letto, Remo scese di colpo e vide che Alessandra correva avanti e indietro con un dito pieno di sangue. Lei gli disse di essersi tagliata con il coltello mentre preparava la cena. Le dinamiche gli parvero ambigue ma al momento corsero subito al pronto soccorso dove glielo medicarono. Di ritorno a casa trovarono ad attenderli, Beth con il gatto anche lui medicato. Stava facendo le fusa. Remo fu felice della visita, Alessandra un po' meno anche perché alla vista di quella bambina Remo si dimenticò del dito tagliato di Alessandra e le corse incontro. Il gatto appena la vide schizzò via impaurito. Tutti e due la guardarono confusi e in quell'attimo l'odio per la bimba divenne talmente palpabile che Alessandra che corse in casa prima di commettere gesti inconsulti. Appena Remo rincasò lei non fece una piega, era già seduta a tavola con un sorriso soave nel volto, il più soave che gli avesse mai rivolto. Remo appena vide di nuovo l'arrosto gli chiese se si potesse avere qualcos'altro e la moglie ubbidì sempre in silenzio. Poi vista l'ora si prepararono per la notte. Remo si addormentò subito mentre Alessandra meditò parecchio su quello che fra qualche ora avrebbe fatto. Nella tisana di Remo aveva messo del sonnifero. Dopo che ebbe fatto effetto, silenziosamente uscì nella notte e guardò in direzione della casa di Beth, sapeva dove tenevano le chiavi di casa, erano vicini da parecchi anni. Anche troppi. Dall'anta segreta aveva preso il coltellaccio e silenziosamente aprì la porta e salì le scale. La casa era avvolta nel buio, tutti dormivano, lei lo sapeva. Entrò nella cameretta della bimba, anche lei dormiva, il gatto non c'era.
Arrivò a un palmo di naso dalla bambina, quando ella sbarrò li occhi e si guardarono nella penombra.
Si guardarono in silenzio per un minuto buono, poi Alessandra rapida le fece una puntura e Beth crollò subito, e la trascinò nella sua cantina. Quella che Remo non sapeva neanche di avere. La buttò lì perché era quasi mattina e Alessandra doveva riprendere il ruolo di moglie perfetta, prima che lui si svegliasse. Ma qualcosa andò storto e lo trovò già sveglio che sorseggiava caffè.
Remo la guardò incuriosito, vedendola entrare dalla porta che della cucina che dava sul retro.
“Dove sei stata?” chiese perplesso.
"Cosa diavolo ci faceva già in piedi??" Pensò Alessandra. Poi si ricordò della sua trasferta odierna, fuori città , e si maledisse di essersene dimenticata. A suo pro però c'era che avrebbe avuto tutto il giorno per farla pagare alla bambina.
“Ti aspettavo! Per darti il buongiorno!” prese e lo baciò con tenerezza. Remo parve crederle e poi chiese: “Cosa hai fatto al braccio??” Alessandra si guardò il braccio doveva esserselo tagliato nel trascinare fuori la mocciosa. Lei non rispose e gli diede come ogni mattina un fazzoletto pulito ma nel darglielo le cadde di mano un bottoncino. Remo lo raccolse ma per la fretta mise tutto in tasca e uscì di casa. Mentre accendeva la macchina, fu richiamato dalle urla dei vicini di casa e dalla confusione che lì si percepiva regnare in quel momento. Che la moglie avesse scoperto che lui la tradiva con la segretaria? Pensò Remo distrattamente mentre usciva dal vialetto, imboccando la strada principale.
Alessandra fece colazione e poi legando i lunghi capelli neri si preparò a scendere in cantina per la resa dei conti. Dopo la bambina, avrebbe pensato al gatto. Avrebbe abortito lei e concepito un gatto ovvero avrebbe ucciso la bambina e avrebbe creato il suo bambin gatto perfetto.
Sì, sarebbe andata proprio così.
Remo d'improvviso si ricordò che aveva dimenticato i documenti a casa e vi fece subito ritorno. Parcheggiando nel marciapiede vide una volante della polizia a casa dei vicini e la madre che piangeva disperata. Si avvicinò e la donna stava dicendo in lacrime all'agente che la bimba quella notte indossava un pigiama con dei bottoni rossi e gli stava mostrando una foto. Un flash lo trafisse, prese il bottone dalla tasca e lo guardò, era identico a quello del pigiama di Beth. Cosa significava? Perché lo aveva in mano Alessandra? Troppe domande gli vorticavano in testa. Entrò in casa e la chiamò ma non rispose nessuno. Allora iniziò a cercarla in giardino quando vide il gatto della bambina che miagolava vicino a un cespuglio, dal quale filtrava della luce. Si avvicinò e notò allibito una porta chiusa da dentro.
L'ansia divenne paura e cercò di forzare la serratura senza riuscirci.
Era tardissimo ma al diavolo tutto, quella porta andava aperta…
Alessandra nel frattempo era scesa, dentro la cantina tanto che il rumore delle urla di Remo e lo sbattere della porta non le giunsero.
La bimba piangendo terrorizzata si era raggomitolata in un angolo, appena Alessandra si avvicinò iniziò a piangere ancora più forte e a urlare. Allora lei la prese e le dette uno schiaffo e poi un altro e un altro ancora, finché la bimba non tacque terrorizzata. Ad Alessandra lo sguardo della bambina ricordò quello del suo gattino che continuava a miagolare, tanto che per farlo smettere fu costretta a tagliargli la gola. Troppo piccolo per poter essere usato.
Nemmeno Beth andava bene, era troppo maliziosa e cattiva. Le avrebbe rubato l'amore di Remo. Non provava pena per loro, erano esseri imperfetti che il mondo non avrebbe desiderato veder crescere. Nel frattempo Alessandra avvertì dei rumori e capì che stavano colpendo la porta, e che presto avrebbe ceduto, la bambina approfittando di quell'attimo di smarrimento diede ad Alessandra un calcio nella pancia, riuscendo così a liberarsi dalla sua prese e iniziò a correre in direzione della porta, da dove venivano i rumori. Ad Alessandra Il coltello cadde dalle mani e per prenderlo si tagliò.
Beth cercava di salire le scale ma Alessandra le aveva acchiappato la gambina e la stava trascinando giù, gradino per gradino. La bambina urlava e Alessandra sorrideva felice.
Quando la porta fu buttata giù definitivamente dagli agenti e Alessandra vide che qualcuno stava scendendo prese Beth per il collo per usarla come scudo. Beth iniziò di nuovo a urlare e a picchiarla in faccia ma lei la tenne ferma e con l'altra le puntò il coltello sul collo. Fu questa la scena che si trovarono di fronte Remo e gli agenti che erano entrati con lui. Ad Alessandra crollò il mondo addosso resasi conto di essere stata scoperta, e mentre stava per tagliare la gola alla bambina, il gatto Marx le saltò in faccia e iniziò a morderle occhi e naso ed artigliargli il viso. Alessandra cadde all'indietro e battendo la testa nel lavello svenne. La bambina corse da Remo piangendo. Remo vide nella stanza resti di gatti morti e altro. Uscì disgustato. Era questo il mostro che aveva sposato? La polizia portò via Alessandra, lasciando un uomo distrutto, che solo qualche ora prima pensava di dover diventar padre, e ora in brevissimo tempo scopriva che la donna che amava non solo non era incinta, avendo trovato un cuscino a forma di pancia, che gli doveva essere caduto nella lotta ma seviziava pure i gatti e bambini per qualche oscuro motivo. Ricoverata in un ospedale psichiatrico, Alessandra fu messa in isolamento. Così la rivide Remo dallo spioncino, assorta mentre si dondolava con un gattino di peluche in braccio a cui mancavano pelo occhi e coda. Ogni tanto si sdraiava mimando il parto e poi picchiava l'animaletto e ricominciava il dondolamento. Così per ore e per giorni. Finché non si rompeva del tutto e allora ne cercava uno nuovo. Remo ebbe tanta pena per lei e la collera diminuì fino a diventar pietà , sia per se stesso che per lei. Chiese il divorzio e si trasferì altrove per dimenticare. Senonché quando giunse nella nuova città e nella sua nuova casa, assieme ai pacchi, trovò un gattino nero che miagolava. Lo prese portandolo dentro, forse non tutto era davvero finito o semplicemente era solo un nuovo inizio.
La storia della donna-gatto analizzata da Franco Lolli: un paradigma di angoscia
Psicoanalisi «Prima di essere io»: un emblematico caso clinico
Una donna di poco più di cinquant’anni, affetta da una gravissima forma di disabilità intellettiva di origine organica è la protagonista-paziente non nevrotica dell’ultimo lavoro di Franco Lolli dal titolo: Prima di essere io: il vivente, il linguaggio, la soggettivazione (Orthotes, pp. 174, euro 18,00). Liliana è una donna-gatto. Il trattino congiunge il femminile e il maschile in uno strano neutro: quello che dà corpo al «prima» di ogni differenza, anzitutto quella tra soggetto e vivente, secondariamente quella tra umano e non umano.
Se infatti nella psicoanalisi, come suggerisce Federico Leoni nell’introduzione, «soggetto» significa «analizzabile» e «umano» è sinonimo di «penetrabile», dal logos come dalla luce, allora Liliana, la donna-gatto, non è né un soggetto, né un umano. Liliana è perturbante, vivente prima che parlante: è il «punto di angoscia della psicoanalisi», al tempo stesso cieco e luminosissimo. È l’ombra che segue, gattonando, ogni sguardo che s’affretta in una diagnosi («stereotipia motoria») e la vuole risolutiva.
È la bocca che mangia tutto d’un fiato («pura pulsione orale») ogni mano che vorrebbe solo lasciarla fuori: fuori dei confini dell’analisi, entro l’insufficienza mentale di una cartella clinica scritta nel linguaggio della medicalizzazione. Liliana scompiglia l’ordine, sociale e psicoanalitico, antropologico e logico, e disturba la cronologia. Tuttavia, «refrattaria all’umano e al teorico», dunque alla parola, Liliana non è refrattaria del tutto al significante. Non ancora semantica, Liliana infatti è già linguistica, assolutamente reale.
«Senza parole e con gli occhi sgranati», Liliana è perfetta, anche se la sua disabilità è grave: non è un’anima bella, bensì un’anima vegetativa, presente anche in quella sensitiva del gatto e in quella intellettiva dell’uomo. Perciò di ogni soggetto Liliana è un esempio e ogni soggetto è un esempio di Liliana. La donna-gatto è paradigmatica perché quel fermo immagine che è la sua «ardesia immacolata» è un’occasione reale per analizzare la psiche, prima che sia tale e una volta che tale si è fatta. «La sua condizione patologica enfatizza (…) la situazione primordiale dell’umano nell’istante in cui prende avvio il processo di soggettivazione, istante che per Liliana si è tramutato in un tempo senza fine». Da dove viene Liliana? Questa è la domanda chiave del testo: infantile e infallibile poiché in essa risuona la domanda delle domande, autentica Urfrage secondo Lolli: «da dove vengono i bambini?» o, che è lo stesso, «cosa ero prima di essere io?», «cosa c’è prima della coscienza?».
Il volume è un tentativo rigorosissimo di pensare lo statuto del «prima»: prima dell’Io, prima della parola, prima della risposta, prima della condotta, prima dell’uomo. Il «prima» è logico o cronologico? Reale o mitico? Che cosa significa cioè «primordiale»? Lolli prova a pensare lo statuto del prima a partire dal dopo, bordeggiando la superficie, topologica e pulsionale, del delta del tempo in cui Freud conficca la «necessità del vivere». La vita di Liliana è intransitiva, senza transfert, senza l’altro (Liliana non è stata «l’altro di qualcuno»).
Antidialettica e autoerotica, non è stata stanata dall’allucinazione. Vittima dell’oggetto come di un padrone assoluto, la donna-gatto è lì, prima della parola, olofrastica e immobile. Eppur si muove. Dopo un tempo aprioristicamente incalcolabile, questa creatura dell’intervallo «arresta il suo vagare e si mette in cerchio con noi – scrive Lolli in conclusione. – Questo, abbiamo pensato, vorrà pur dir qualcosa».
Toco
C’è chi ha sempre sognato vestirsi da supereroe, chi da principessa e chi invece ha voluto assomigliare a tutti i costi al suo animale preferito. Siamo in Giappone, dove questo signore – grandissimo amante dei cani – si è fatto realizzare su misura un costume ultra-realistico da cane di razza Collie e da diverso tempo ormai gira per le strade vestito così, comportandosi in tutto e per tutto come un vero cagnetto.
Sui social si fa riprendere mentre passeggia travestito, mangia e prova a socializzare con – i veri – amici a quattro zampe, ottenendo però, scarsi risultati: “Ho speso 12 mila sterline per trasformarmi in un cane ‘umano‘ ma i veri quattrozampe sono crudeli e si rifiutano di giocare con me, non mi trattano come uno di loro”, dice oggi l’uomo, sfogandosi. E ancora, spiega al Sun: “Sembravano un po’ sorpresi, quando mi vedevano, sfortunatamente non mi hanno trattato come un loro pari. Sono estremamente rammaricato”.
Ma sebbene la speranza sia l’ultima a morire, Toco intanto avverte: “Non rimarrò un Border Collie umano per sempre. Già adesso lo divento soltanto poche volte al mese”. Ha sempre detto di aver scelto il costume da Collie perché gli sarebbe sempre piaciuto allevare questa razza particolare.
Non tutti però sembrano apprezzare l’hobby: “Ricevo molti commenti che dicono che ho gettato via i miei soldi e che sono un tipo molto strano – conclude – ma non sono turbato da questo contraccolpo, avevo messo in conto che sarebbero inevitabilmente arrivati commenti negativi”. Gli ultimi video pubblicati riguardano la sua vita quotidiana a quattro zampe, tra cui l’arrivo di una gabbia per cani a grandezza naturale in cui Toco, quando si veste da peloso, va regolarmente a dormire. La sua clip più visualizzata ha ottenuto 8 milioni di views.
Il New York Post sostiene che la giovane abbia cominciato il “cambiamento” a 11 anni, con il primo piercing. In soli cinque anni i piercing sarebbero diventati 72, con ben 20 modifiche sul corpo, tra cui narici perforate ed una lingue biforcuta (postata nel suo video maggiormente visualizzato).
“È pazzesco vedere quanto il corpo umano possa cambiare e cosa si può effettivamente ottenere dalle modifiche del corpo”, ha dichiarato Dell’Abate, che si è fatta inoltre impiantare quattro corna, sei perle genitali, tatuaggi sui bulbi oculari. Le sono stati anche rimossi i capezzoli. “Per ottenere l’aspetto definitivo di un gatto, avrò bisogno di un lifting degli occhi o di una cantoplastica – un intervento chirurgico per produrre occhi più allungati e, naturalmente, a mandorla – rimodellamento dei denti e taglio del labbro superiore”, spiega.
Sebbene Chiara abbia già delle modifiche molto simili a quelle di un gatto, il processo completo di ‘metamorfosi’ richiederà ancora tempo, sacrifici, ma soprattutto sopportazione del dolore, anche se ciò non sembra frenarla o impensierirla: “Le procedure di qualsiasi tipo fanno molto male, ma il dolore è temporaneo e non è un grosso problema per me”, ha raccontato.
I gatti non chiedono scusa, ma sanno tenere i segreti
Dietro le porte socchiuse lo stesso tuo modo di fare
Quel vizio di dire e non dire e starmi vicina e scappare
Amori che nascono per caso
E se ne vanno all'improvviso quando non li senti più
Il cielo sembra un quadro di Magritte dipinto sopra i tetti
Apri le finestre questa sera, puoi sentire che mi manchi Mi è sеmbrato di vederti tra la luna e lе antenne dei palazzi
Quando senti che ti penso lo sentono anche i gatti
Qualcuno dice sono extraterrestri
Forse sono solo un po' più tristi di me
Non sai quante volte ho sognato di sentirti arrivare alle spalle
Con passi felpati e felini nel tuo cuore che batte
Poi il tempo separa le scene e trasforma per sempre le cose
Non bastano mai le parole per finire questa canzone
Amori che tornano di rado
Rimangono per sempre nell'eternitÃ
Il cielo sembra un quadro di Magritte dipinto sopra i tetti
Apri le finestre questa sera, puoi sentire che mi manchi
Mi è sembrato di vederti tra la luna e le antenne dei palazzi
Quando senti che ti penso, lo sentono anche i gatti
Qualcuno dice sono extraterrestri
Forse sono solo un po' più tristi di me